L’ Italia vota SI al Fiscal Compact. La Germania lo boccia.
Di Fernando Cannizzaro 22 maggio 2013
Il 18 aprile del 2012 il Senato approva in quarta ed ultima lettura il ddl costituzionale di riforma dell’art. 81 della Costituzione che introduce il pareggio di bilancio, con 214 voti su 321 aventi diritto. I voti necessari all’approvazioni sono stati espressi dal PD, PDL e Terzo Polo. Si è evitato così il referendum popolare confermativo (art. 138, secondo comma Cost.) di dubbio risultato.
La legge è entrata poi in vigore il 30 gennaio del 2013 nel silenzio generale. Quando vogliono l’accordo per modificare immediatamente la Costituzione lo trovano subito! Cosa comporterà questo Fiscal Compact? Ci obbligherà per i prossimi venti anni ad un esborso di circa 50 (cinquanta) miliardi ogni dodici mesi. (Fino al raggiungimento del pareggio di bilancio mediante tasse e tagli.) A questa somma occorre aggiungere circa 81 Mld di euro di interessi sul debito straniero. Per un totale di circa 130 MLd annui fissi che l’Italia deve sborsare. Il che significa una “Finanziaria” all’anno. Dove li prenderanno, di grazia, questi soldi?? Solo Dio lo sa. Auguri Italia!
Un mese dopo anche la Germania dice SI al Fiscal Compact, però, in Germania piovono dal cielo (al contrario di NOI! ) circa dodicimila ricorsi con la motivazione che: “la cessione di sovranità indotta dalle nuove leggi deve essere confermata da un referendum: un voto a maggioranza dei due terzi del parlamento non sarebbe sufficiente.”
Ad inizio marzo 2013, nel silenzio generale, il Bundesrat tedesco (molto simile al nostro Senato) ha rimandato alla Commissione di mediazione il Fiscal compact proposto dal governo Merkel, bocciato grazie al voto contrario della coalizione rosso-verde composta da SPD e Verdi. La notizia ha dell’incredibile, ma, contrariamente alle aspettative non ha ricevuto alcuna eco mediatica. Ora la Commissione di mediazione sarà tenuta a far convergere gli obiettivi di lungo periodo delle due camere per raggiungere un compromesso ed adeguarsi alle direttive europee. Immediatamente dopo la votazione i Länder (Stati-regioni tedeschi) hanno dato vita ad una vera e propria offensiva contro il governo dell’austerity richiedendo l’introduzione di un salario minimo di 8,50 euro l’ora e l’apertura di un fondo che raccolga 3,5 euro l’anno destinato ad essi, in opposizione all’ Hartz IV. Fino a alle prossime elezioni dunque la Germania non entrerà nel Fiscal compact, a differenza dell’Italia, che senza fiatare ha approvato l’imposizione della cancelleria europea. Ora più che mai la posizione di Angela Merkel si complica, stretta da un lato dall’Unione Europea, e dall’altro da un’opposizione politico sociale crescente e che rischia di condannarla ad una sonora debacle politica. (tratto da http://dailystorm.it)
Guardatevi questo video sul Fiscal Compact.