Il segnale di Cosa Nostra
Fonte:Antimafia2000.it
Cosimo Lo Nigro e i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano al processo Dell'Utri
di Lorenzo Baldo - 11 dicembre 2009
Palermo. La fila di giornalisti e cineoperatori davanti alla porta dell'aula alla Ia sez. penale si ingrossa sempre di più.
Alla fine con diversi colleghi ci sistemiamo negli spazi normalmente utilizzati dagli imputati. “Tutti imputati siete?” chiede Dell'Utri al suo arrivo in aula, per poi aggiungere sarcastico: “Il posto giusto!”. Al di là della battuta fatta da colui che imputato lo è davvero, non pare che il senatore sia del tutto tranquillo. Se pur circondato da un collegio difensivo simile a un plotone di esecuzione anche per lui vi è “un'attesa”. Che non può lasciarlo indifferente. Le audizioni di Cosimo Lo Nigro e dei fratelli Giuseppe e Filippo Graviano giungono in extremis in un processo che stava quasi per concludersi. Questi ultimi, così come è sancito nella sentenza di I° grado che ha condannato Dell'Utri a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, sono vecchie conoscenze del senatore imputato. E su queste “amicizie pericolose” si fonderebbe una parte della cosiddetta “trattativa” mafia-Stato intrisa del sangue delle stragi del '92 e del '93. Le violente polemiche politiche scoppiate all'indomani delle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza sono legate proprio alle sue dichiarazioni che coinvolgono Dell'Utri e Berlusconi con i fratelli Graviano.
Si tratta di dichiarazioni che già nei verbali di interrogatorio non sono state confermate da Filippo Graviano che però, in maniera del tutto “rivoluzionaria” per la storia di Cosa Nostra, ha affermato di “rispettare” la “scelta” di Gaspare Spatuzza senza mai attaccarlo dandogli dell'infame. Una novità assoluta e soprattutto un “segnale” senza precedenti.
Tra gli avvocati presenti anche lo storico avvocato di Totò Riina, Cristoforo Fileccia, che successivamente verrà indicato dalla Corte come difensore di ufficio di Gaetano Cinà (deceduto nel 2006). Arriva in aula il Procuratore Generale, Antonino Gatto, poco dopo è il collegio giudicante a fare il suo ingresso. Si inizia. L'avvocato Mormino tenta la carta del rinvio dell'audizione dei Graviano in quanto sarebbero stati sentiti nuovamente dai Pm fiorentini dopo la deposizione di Spatuzza e mancherebbero i relativi verbali. Si assiste quindi alla solita sceneggiata di chi ha tutto l'interesse a far slittare udienze per prendere tempo. La Corte si ritira in camera di consiglio per deliberare la decisione in merito. Nel frattempo Dell'Utri viene assediato da microfoni e telecamere. E' il suo momento per piangere miseria. Nelle sue parole una sorta di disperazione di un uomo “perseguitato”. Ma anche la rabbia. Come quando alza la voce dicendo che non è fatto “di ferro” o “di legno” e che non ne può più di sentirsi ripetere le solite storie su Mangano. Peccato che su quelle storie si basino interi capitoli della sentenza di I° grado che lo vede condannato. Rientra la Corte. Le richieste delle difese vengono respinte. Il comportamento scorretto degli avvocati difensori che hanno riportato una notizia falsa (in quanto i Graviano erano stati sentiti 3 giorni prima dell'audizione di Spatuzza e non dopo) verrà commentato anche da un successivo comunicato della procura di Firenze. Si procede quindi all'esame di Filippo Graviano in videocollegamento dal carcere di Parma. L'immagine che compare nello schermo televisivo riflette quella di un uomo con un maglioncino verde, segnato in volto, dimagrito e dall'aria spenta. La formula di rito viene letta da quest'ultimo con tono dimesso: “Consapevole delle mie responsabilità mi impegno a dire tutta la verità e quanto a mia conoscenza”. In prima fila Marcello Dell'Utri è sfingeo. Non un muscolo del suo volto si muove. Lo sguardo è assente. E' letteralmente tutt'orecchi.
Il Pg Gatto comincia con le domande preliminari. Filippo Graviano non si fa pregare, ma è evidente che non sarà lui a dare uno scossone al processo. Se da una parte racconta delle sue aspirazioni alla “legalità”, in parte già sperimentate in carcere in questi ultimi anni, dall'altra è inamovibile nel sottolineare di non ricordare i passaggi più significativi delle dichiarazioni di Spatuzza relativi all'incontro di quest'ultimo con Pierluigi Vigna. Fino a negare con fermezza le dichiarazioni a lui attribuite da Spatuzza nelle quali traspariva una ipotetica propensione di Filippo Graviano a poter parlare con i magistrati “se non arriva niente da dove deve arrivare”. L'ex boss di Brancaccio non ha alcun tentennamento nel ribadire di non essersi mai aspettato nulla da nessuno. “Per le mie scelte – sottolinea Graviano – decido io, ne Spatuzza, ne mio fratello!”. L'unico passaggio fuori dal seminato arriva quando Filippo Graviano racconta della lettera che scrisse nel 2002 al procuratore aggiunto di Palermo Sergio Lari nella quale manifestava la sua “disponibilità” ad essere sentito per chiarire la sua posizione. E' il presidente della Ia sez. penale, Claudio Dall'Acqua, a chiudere l'audizione con un paio di domande secche. “Lei conosce Marcello Dell'Utri?”, il senatore sembra trattenere il respiro. Trascorre una frazione di secondo. “No” risponde Filippo Graviano. Il volto di Dell'Utri non tradisce alcuna emozione. “Ha mai avuto rapporti con Marcello Dell'Utri?” insiste il presidente. “Assolutamente no” replica l'ex boss di Brancaccio dopo un impercettibile momento di riflessione. “Ha mai avuto rapporti indiretti con Marcello Dell'Utri?” conclude Dall'Acqua. “No” e questa è l'ultima riposta di Filippo Graviano. La maschera di Dell'Utri rimane impassibile. Il collegamento video viene chiuso. Un'altra pausa.
Nuovo assembramento attorno a Dell'Utri che, evidentemente liberato da un peso, con aria “saggia” definisce Filippo Graviano un vero pentito che si avvia verso un probabile ravvedimento al contrario del “falso” Gaspare Spatuzza. Alla domanda se mai accetterebbe un confronto con Massimo Ciancimino per discutere su certi temi il senatore replica con sarcasmo: “Ma quando mai?!... Ma chi lo conosce Massimo Ciancimino! Ma quale confronto!”. A chi gli chiede se c'è qualcosa che non rifarebbe nella sua vita risponde goliardico “il partito!”. Rientra la Corte.
E' la volta di Giuseppe Graviano, detto anche “Madre natura”. Sullo schermo l'immagine viene ripresa un po' più da lontano e a prima vista sembra che Giuseppe sia più in forma del fratello. Accade quello che era previsto. Giuseppe Graviano si avvale della facoltà di non rispondere per quelli che definisce “motivi di salute”. Ma la sua strategia è sottile, ricorda al Presidente Dall'Acqua di aver mandato in mattinata un fax dove spiega le motivazioni di questa sua impossibilità a poter rendere dichiarazioni, Giuseppe Graviano auspica che il presidente legga in aula quel suo scritto. Anche i suoi avvocati difensori avanzano la stessa richiesta specificando che in quel fax vi erano scritte le motivazioni che impedivano al Graviano di poter testimoniare. Impedimenti legati al suo stato di salute provato dal regime di 41 bis. Ma il Presidente blocca sul nascere ogni possibile tentativo di far passare “messaggi” sul 41 bis rigettando la suddetta richiesta. Nel giro di pochi minuti il collegamento si chiude.
Tocca a Cosimo Lo Nigro, tra gli stragisti delle bombe del '93. Poche parole per smentire la sua presenza a Campofelice di Roccella dove Spatuzza aveva invece affermato di averlo incontrato e dove, secondo il pentito, Giuseppe Graviano avrebbe parlato dei suoi contatti politici. Nel giro di qualche minuto l'audizione termina senza domande aggiuntive da parte degli avvocati difensori, così come da parte del collegio giudicante. L'udienza viene rinviata al 18 dicembre per sciogliere la riserva se ascoltare o meno Salvatore Grigoli. Dell'Utri esce soddisfatto dall'aula circondato dall'alone dei suoi avvocati e dalle tante telecamere. E' evidente che nei due ultimi round tra accusa e difesa è quest'ultima che ha avuto la meglio. Ma si tratta di due round e non del corpo centrale del processo. Non è dato sapere cosa avrebbe risposto Filippo Graviano se gli fosse stato chiesto se avesse mai sentito parlare di Dell'Utri all'interno di Cosa Nostra, o del motivo per il quale nel confronto con Spatuzza diceva di “rispettarlo” per la sua decisione di collaborare e di non avere nulla in contrario per quella sua “scelta”. Così come resta la domanda sul perchè Filippo Graviano si sia definito “un danneggiato collaterale” asserendo che “hanno buttato la bomba su mio fratello e hanno colpito anche me”. L'attesa di oggi è stata decisamente delusa dalle risposte che non ci sono state, ma anche per alcune domande che non sono state poste. Resta confermato il fortissimo segnale che rappresenta l'atteggiamento di una Cosa Nostra “tollerante”, per non dire “accondiscendente” nei confronti di un collaboratore di giustizia. Né Cosimo Lo Nigro, né tanto meno i fratelli Graviano hanno osato proferire alcun insulto nei riguardi di Spatuzza. Un dato che era impensabile anni fa con i primi collaboratori di giustizia.
Il processo si avvia ormai alle battute finali. Le conseguenze di una conferma della condanna di I° grado sono riscontrabili negli atteggiamenti spasmodici di un collegio difensivo consapevole dell'effetto a catena che essa può provocare.
Dalla sponda di Cosa Nostra è evidente che si sta concedendo un tempo supplementare a chi deve finire la partita rispettando i patti.
Processo Dell'Utri: Interrogati Filippo Graviano e Cosimo Lo Nigro
di Monica Centofante - 11 dicembre 2009
Palermo. Hanno risposto alle domande di Pg e difesa Filippo Graviano e Cosimo Lo Nigro e si è avvalso della facoltà di non rispondere Giuseppe Graviano.
I boss di Brancaccio che questa mattina sono stati chiamati a deporre in videoconferenza all'udienza del processo palermitano contro Marcello Dell'Utri, presente in aula e condannato in primo grado a 9 anni di reclusione.
“Attorno al 2002-2003 - ha detto Filippo Graviano – ho spedito una lettera alla procura di Palermo in seguito ad alcune dichiarazioni rilasciate attraverso alcuni giornali dal procuratore Sergio Lari in cui si parlava di corrispondenza tra detenuti e si faceva anche il mio nome “. Nella missiva, ha spiegato il boss, “manifestavo la mia disponibilità ad essere sentito per chiarire la mia posizione”. In quel periodo, ha proseguito Graviano ripetendo quanto già ampiamente dichiarato a verbale, “era da tempo che mi interessavo a discorsi di legalità, rispetto delle regole”, intesi come “agire in maniera corretta sia fra detenuti che nei confronti degli agenti, nelle piccole e nelle grandi cose, oltre a rispetto delle istituzioni in generale”. Un discorso che, a dire del boss, veniva affrontato “insieme ad altri detenuti”. E dopo il 2004 anche “insieme a Spatuzza, che io cercai di spingere verso gli studi. Un percorso che, almeno fino a quando era con me, non ha voluto intraprendere”.
Erano gli anni della dissociazione e Spatuzza, così come da lui stesso già dichiarato, si era incontrato con l'allora procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna. Un particolare che il Graviano conferma senza però ricordare i contenuti di quell'incontro che “l'amico e fratello” Spatuzza, così come più volte lo ha definito, gli aveva rivelato.
Smentita invece la dichiarazione del pentito in merito a una presunta affermazione del Graviano, che nell'ambito di quello stesso colloquio avrebbe dichiarato: “E' bene far sapere a mio fratello Giuseppe che se non arriva niente da dove deve arrivare è bene che anche noi cominciano a parlare con i magistrati”.
“Dal 2004 al 2009 – ha sottolineato oggi in udienza il Graviano – sono passati cinque anni e se io avessi dovuto consumare una vendetta nei confronti di chicchessia non me la sarei presa comoda, lo avrei fatto, non c'è motivo per cui avrei dovuto aspettare tanto”.
Anche Lo Nigro, nel corso dell'interrogatorio lampo condotto dal procuratore generale Antonino Gatto, ha smentito di aver incontrato Spatuzza a Campofelice di Roccella, dove secondo il pentito Giuseppe Graviano avrebbe accennato alle sue conoscenze politiche. Dicendo addirittura di non conoscere i boss di Brancaccio.
Giuseppe invece, dichiarando di avvalersi della facoltà di non rispondere, ha tenuto a precisare: “Per il momento non sono in grado di essere sottoposto a interrogatorio”. Vedremo “quando il mio stato di salute me lo permetterà”.