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Bomba a Reggio Calabria. L'analisi del Dr. V.zo Macrì

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Bomba a Reggio. L'analisi di Vincenzo Macri'

Fonte:Antimafia2000.it

di Lorenzo Baldo - 4 gennaio 2010

L'analisi del Pm Macrì tra “pressione politica” sulla magistratura e necessità di “compattezza” degli uffici reggini.Roma. Il consigliere della Direzione Nazionale Antimafia Vincenzo Macrì, calabrese, in magistratura da oltre 30 anni - molti dei quali trascorsi alla procura di Reggio Calabria dove ha condotto importanti processi contro

 

la 'Ndrangheta - analizza a caldo le possibili motivazioni e i relativi risvolti della bomba scoppiata all'alba del 3 gennaio davanti alla porta della Procura generale di Reggio Calabria. Per Macrì “la pressione di una parte della politica sulla magistratura può aver incoraggiato atteggiamenti aggressivi”, ma il primo segnale dello Stato in risposta alla bomba “lo devono dare gli uffici giudiziari reggini che devono dimostrare grande compattezza”.

La bomba a Reggio Calabria può essere considerata una risposta ai sequestri di beni operati dalla magistratura ai danni della 'Ndrangheta?

Non sono del tutto d'accordo con questa analisi per un semplice motivo: la 'Ndrangheta calabrese non ha mai fatto attentati di tipo dimostrativo. Non rientrano nella sua strategia, nelle sue abitudini, nelle sue tradizioni. La 'Ndrangheta non compie attentati intimidatori contro le istituzioni in linea generale. Secondo me dietro queste azioni, soprattutto quando a metterle in atto è appunto la mafia calabrese, ci sono sempre dei fatti oggettivi specifici, concreti, contingenti, che possono essere recenti o di un recente passato, o addirittura in corso. Bisogna guardare in questa direzione per capire cosa è successo esattamente. Secondo me la pista da seguire è quella dei processi che si sono fatti recentemente e di cosa è avvenuto nel corso di questi processi.

Di fatto la bomba è scoppiata davanti alla porta della procura generale dove si stanno celebrando e si celebreranno in appello importanti processi come quello per l'omicidio di Francesco Fortugno, per la strage di Duisburg, per le infiltrazioni mafiose nel tratto autostradale Salerno-Reggio. Possiamo quindi dire con certezza che si tratta di un segnale.

E' sicuramente un segnale, evidentemente c'erano delle prassi che sono venute meno, qualcosa su cui si faceva affidamento e ultimamente questo affidamento non è stato più possibile e allora è scattata la reazione. Ripeto: la 'Ndrangheta non compie mai azioni dimostrative, ha un'altra filosofia rispetto a Cosa Nostra.

Come va analizzata “l'inquietudine” che è possibile riscontrare all'interno della 'Ndrangheta a seguito dei recenti arresti e delle numerose confische? Potrebbe sfociare ulteriormente in azioni cruente?

Si può affermare che c'è la tendenza ad una maggiore aggressività, un maggiore nervosismo. Questo mi sento di confermarlo. In altri tempi questi fatti non sarebbero avvenuti. Oggi ci sono alcune frange della 'Ndrangheta che sono portate anche ad assumere atteggiamenti di maggiore aggressività. E questo è un fatto che naturalmente non può che preoccupare. E' sicuramente una novità rispetto al passato. E potrebbe anche segnare una svolta abbastanza pericolosa.

Nel senso che è possibile ipotizzare nuovi scontri tra la 'Ndrangheta e lo Stato?

La 'Ndrangheta non fa scontri, manda messaggi, fa intendere che bisogna stare attenti, non turbare gli equilibri che si erano raggiunti in altre epoche. Ora bisogna vedere cosa diranno gli investigatori. Ripeto, secondo me partendo dai processi si potrà capire molto di più.

Come va letta la decisione della 'Ndrangheta di mettere una bomba in un momento nel quale, soprattutto in certe regioni del sud come la Calabria, la magistratura troppo spesso è lasciata sola, senza uomini e mezzi ad affrontare la criminalità organizzata?

E' chiaro che il problema degli organici, là dove c'è, incide sull'efficienza, ma io non assocerei strettamente questo fattore con la bomba di Reggio. E' evidente che le carenze sono ormai endemiche per tutto il meridione. E non c'è dubbio che la 'Ndrangheta percepisca questo momento di debolezza. Ci sono troppe pressioni nei confronti dei magistrati da parte di alcuni settori della politica e questo può anche avere incoraggiato certi atteggiamenti aggressivi.

E quindi ora lo Stato quale segnale deve dare?

Intanto il primo segnale lo devono dare gli uffici giudiziari reggini, che devono dimostrare grande compattezza. Ciò che è pericoloso non è tanto l'atteggiamento “rigoroso” di un ufficio, quanto le divergenze all'interno degli uffici, tra atteggiamenti “rigorosi” e atteggiamenti meno “rigorosi”. Tutto ciò può provocare gravissimi problemi ed è per questo che bisogna intanto raggiungere una unità di atteggiamenti, una unità di comportamenti giudiziario-processuali. I politici devono fare la loro parte dando tutti i supporti di carattere normativo e logistico per aiutare la magistratura a compiere rapidamente il proprio dovere. E' fondamentale che in questo momento la magistratura reggina sia compatta e non dia l'impressione all'esterno di contraddizioni interne che sono realmente le più pericolose. Il segnale di compattezza scoraggerà qualsiasi “tentazione” di carattere violento da parte della 'Ndrangheta.

Di contraltare c'è stato un segnale importantissimo a seguito dell'attentato e cioè la solidarietà immediata dei calabresi nei confronti dei magistrati.

E' stato sicuramente un segnale positivo importante. Si è capito che in questo momento gli uffici giudiziari reggini stanno avendo dei risultati di qualità e quindi si è compreso che questa potrebbe essere una intimidazione contro questo nuovo corso. E' importante che la gente capisca che la magistratura è vitale per la lotta contro la criminalità organizzata. Non si tratta (come ci viene presentata da qualcuno) di personaggi che hanno come obiettivo finalità politiche o inseguono progetti “eversivi”. Assolutamente no. La magistratura fa il suo dovere ed è essenziale nel contrasto alla criminalità organizzata. I latitanti li catturano i magistrati e non i politici. I beni vengono sequestrati prima e confiscati poi dai magistrati, dagli organismi investigativi e non dai politici. E questo è bene che la gente lo capisca e non pensi invece che si trovi di fronte a degli “eversori” in cerca di pubblicità.

Il peso dell'opinione pubblica è fondamentale e capace di cambiare lo stato delle cose.

Assolutamente si. E questo significa che ancora c'è una speranza.

NOSTRO COMMENTO: Condividiamo appieno l’analisi del Consigliere Antimafia Dr. Vincenzo Macrì segnatamente per quanto riguarda il fatto che, allo stato, gli Uffici giudiziari reggini devono dimostrare “un atteggiamento unitario” e mantenere una linea “ferma” per opporsi con determinazione alle ‘Ndrine” evitando di sfilacciarsi in atteggiamenti “rigorosi” e “meno rigorosi”, come suggerisce il Dr Macrì. In questa fase così delicata per la democrazia in Italia dobbiamo dire che la Magistratura ha ottenuto e sta ottenendo ottimi risultati in termini di lotta alla Mafia. La riprova è proprio la reazione. Il Governo invece di farsi bello con le penne degli altri in ordine alla cattura dei latitanti, dovrebbe, invece, aiutare, sia sul piano normativo che sul piano operativo la magistratura in questa guerra senza fine alla criminalità organizzata.

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