04 luglio 2024
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Il processo breve provocherà un diniego di giustizia al cittadino.-

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Se la politica limita i poteri della magistratura è il cittadino a pagare le conseguenze

Fonte: Antimafia2000.it di Lorenzo Baldo - 20 gennaio 2010

Intervista al procuratore di Palermo Francesco Messineo

Fermo. Le dichiarazioni rilasciate recentemente all'assemblea dell'Anm dal procuratore di Palermo Francesco Messineo hanno creato una certa apprensione.

 

A fronte delle recenti minacce di morte nei confronti di quattro magistrati siciliani abbiamo raggiunto telefonicamente il dott. Messineo per un approfondimento sullo stato della lotta alla mafia, sulle cause dello svuotamento delle procure e sulle conseguenze che questo comporterà ai cittadini.

Procuratore Messineo, all'assemblea dell'Anm lei ha detto: “Vogliono far abbassare la cresta all’ufficio del pubblico ministero”. La sua forte denuncia arriva in un momento molto critico per il sistema Giustizia. All'orizzonte si profilano procure sempre più desertificate e leggi che di fatto spunteranno le armi alla magistratura. Contemporaneamente la procura che lei dirige sta procedendo su indagini delicatissime su mafia e politica. Perchè la politica vuole fare “abbassare la cresta all'ufficio del Pm”?

In termini di valutazione generale io ci vedo un intento di perimetrare e delimitare sempre più i poteri degli uffici del pubblico ministero nei confronti della politica in genere. Come sappiamo è in corso un dibattito su questo punto, si parla di una necessità di reciproca delimitazione tra i poteri dello Stato. Il fatto di non risolvere immediatamente ed efficacemente i problemi delle procure rappresenta, secondo il mio punto di vista, una manifestazione impropria di questo tipo di dibattito interno. Può anche darsi che io abbia sbagliato nella mia analisi e sarei felice di essere contraddetto da qui a non molto tempo.

Nella stessa assemblea il dott. Di Matteo ha ribadito: «Dobbiamo disertare le cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario e consegnare le nostre toghe»

Il dott. Di Matteo è presidente della sezione distrettuale dell'Anm, quindi è una sezione rappresentativa. Io non arrivo ad ipotizzare queste forme estreme di protesta, però certamente la situazione è realmente critica. Alla procura di Palermo sono vacanti ben 17 posti di sostituto procuratore. Tutto ciò in questo momento ci mette in gravissima difficoltà, con una refluenza negativa su tutta l'attività di indagine dell'ufficio. Noi abbiamo il dovere nei confronti dei cittadini di manifestare all'esterno questo tipo di disagio e mancheremmo il nostro dovere se non lo dicessimo chiaramente. I cittadini devono sapere che continuando così questa situazione la nostra efficienza di azione sarà gravemente menomata. Questo è un fatto oggettivo. Poi naturalmente spetta a chi di dovere di provvedere a rimuoverla.

Ma come inciderà sull'andamento dei processi in corso e di quelli prossimi a celebrarsi questa gravissima carenza di organico per la procura di Palermo?

Inciderà negativamente. E' chiaro che con 17 sostituti procuratori in meno non si può operare nello stesso modo di un organico al completo. Dovremo quindi fare delle scelte. Dovremo scegliere su quali attività concentraci e quali invece necessariamente soffriranno di questa carenza di organico. E' evidente che nell'ambito di una responsabilità che abbiamo presso la collettività cercheremo di concentraci sulle cose più importanti. C'è da dire però che nell'ambito della giustizia penale tutto è importante. Anche il processo che sembra meno rilevante tra tutti può incidere sull'esistenza del cittadino. L'idea migliore sarebbe quella di ritornare alla completezza degli organici per metterci in grado di funzionare.

Il cosiddetto “processo breve” è stato anche definito “un'amnistia mascherata” qual è il suo punto di vista?

Non posso esprimere giudizi su tutte le successive proposte e sull'evoluzione di questo progetto.

Il processo breve sarebbe un'ottima cosa se seguisse l'attività riformatrice. Prima occorrerebbe fare le riforme per rendere efficiente la giustizia e poi si potrebbe introdurre il processo breve. Andando invece ad incidere su una situazione di semi-disastro, quale è quella attuale della giustizia penale, è chiaro che questo comporterà effetti negativi. Valutato in sé il processo breve è una riforma sacrosanta perchè è un dovere che abbiamo verso l'Europa, ma in queste condizioni non potrà funzionare, non porterà cioè gli effetti positivi che dovrebbe produrre.

Ma c'è anche l'incognita del “trasferimento di ufficio” verso le sedi disagiate paventata a gran voce dal governo. Un certo tipo di stampa è intenzionata a far passare il messaggio che nel chiedere l'applicazione dei giudici di prima nomina (così come era alcuni anni fa prima della norma Di Lello-Casson) voi magistrati esporreste i “giudici-ragazzini” a seri rischi per la loro incolumità.

Questo quadro mi pare un po' enfatico. Da sempre le sedi “sgradite” sono state assegnate ai giudici di prima nomina e in questo non ci vedo nessuna forma di “nonnismo”. Si tratta di una modalità naturale, ovvia. Se ci sono delle sedi “sgradite” vengono assegnate a coloro che hanno la minore anzianità. Il vero problema del trasferimento di ufficio è un altro. Si prevede di inviare presso le procure della Repubblica magistrati che provengono dal settore della giudicante, cioè che non hanno una preparazione specifica ai compiti che dovranno svolgere. Mi chiedo quindi quale potrà essere l'utilità del loro apporto dato che non sono preparati alle funzioni di Pm che oggi, nell'attuale processo penale, sono delle funzioni altamente specializzate. Io credo che sia questa la carenza principale del progetto. La norma che vieta di destinare alle procure i magistrati di prima nomina in sé ha un elemento di positività.

E quale sarebbe questo elemento di positività?

Quello di richiedere per i magistrati del Pm anche una formazione all'interno della giurisdizione, all'interno della magistratura giudicante, nel senso di acquisire una cultura della giurisdizione. Al di là del fatto che questo io lo trovo positivo e condivisibile, non c'era però il bisogno di fare una norma di questo genere. Si poteva semmai immaginare un progressivo percorso formativo sfalsato. Facendo in modo cioè di non impedire totalmente la destinazione, ma sfalsandola nel tempo, in modo da ottenere lo stesso risultato in modo indolore. Ecco perchè ritengo che non sia sbagliata l'istanza di fondo, è sbagliato il modo con cui questa istanza è stata realizzata e sta provocando gli effetti negativi che sono sotto gli occhi di tutti. Di fatto noi abbiamo chiesto l'abrogazione pura e semplice della norma, ma ci sono anche altre ipotesi alternative che sono state prospettate e che potrebbero risolvere il problema in modo meno traumatico.

A cosa si riferisce nello specifico?

Innanzitutto bisognerebbe sospendere l'applicazione della norma in via transitoria per ricoprire per il momento i posti vacanti, eliminando così questa situazione di grave sofferenza. Poi bisognerebbe prevedere un percorso progressivo che porti tutti i magistrati di nuova nomina (prima della valutazione di professionalità) a prestare servizio progressivamente - non tutti insieme - secondo una certa graduazione di percentuali, presso un organismo giudicante collegiale per un certo periodo di tempo. Tutto questo darebbe la possibilità di acquisire una cultura della giurisdizione con la possibilità poi di rientrare tranquillamente nel posto che si aveva in procura, continuando a svolgere l'attività del Pm. In questi termini il discorso non solo è accettabile, ma secondo me pienamente condivisibile perchè è un discorso di formazione, non di divieto. Quello che è sbagliato è il divieto perentorio, non l'idea di formare anche i magistrati del pubblico ministero alla cultura della magistratura giudicante.

A fronte di un Governo che asserisce di voler passare alla storia per aver sconfitto la mafia e che poi si appresta a varare leggi che di fatto ostacoleranno pesantemente l'azione antimafia, qual è la sua analisi?

Non possiedo la capacità di analisi politica ad ampio raggio. Posso solo dire di ritenere positivi alcuni dei provvedimenti legislativi fatti approvare da questo governo, come ad esempio il pacchetto sicurezza o le norme in materia di misure di prevenzione che effettivamente hanno aiutato il nostro lavoro. Altri provvedimenti legislativi - come la norma sul divieto di destinare magistrati di prima nomina alle procure, citata poc'anzi (pur non essendo ascrivibile a questo governo) - se mantenuti in piedi creano un ostacolo oggettivo alla nostra azione.

Tra quelli che ostacoleranno il vostro lavoro di sicuro c'è la norma sulle intercettazioni.

Quello è un provvedimento su cui ancora è difficile esprimere un giudizio ponderato, perchè si tratta di un provvedimento in itinere. Sono state già esposte le più varie opinioni sulle eventuali criticità di questo provvedimento che però è ancora all'esame. Non sarebbe corretto manifestare un giudizio perentorio finale su questa norma. Da più parti sono state formulate delle osservazioni a questo progetto e dobbiamo attendere ovviamente che il Parlamento le prenda in considerazione e le valuti.

Alla luce delle nuove inchieste sulle stragi del '92 e del '93 su quella che è stata definita la “trattativa” tra mafia e Stato, quali sono le sue considerazioni? Perchè secondo lei uno Stato avrebbe “trattato” con la criminalità organizzata?

Premetto ovviamente che non posso parlare nello specifico di un'indagine di cui si occupa il mio ufficio. In linea generale i motivi di una trattativa generalmente sono quelli di arrivare ad un accordo. In questo caso, nella mera ipotesi, da parte della mafia l'accordo poteva essere finalizzato ad ottenere dei provvedimenti meno duri, meno incisivi sotto il loro contesto, e dalla parte dello Stato poteva essere mirata a far cessare la pratica stragista evitando mali peggiori. Come è risaputo in una trattativa generalmente si tratta di ottenere qualcosa e si è disposti a dare qualcos'altro. Di più non posso dire.

Dopo le recenti catture di boss di prima grandezza: da Provenzano ai Lo Piccolo, fino ad arrivare a Domenico Raccuglia, assistiamo sempre di più ad uno smembramento della vecchia Cosa Nostra di cui al momento l'unico rappresentante in circolazione è indubbiamente Matteo Messina Denaro. Per quella Cosa Nostra è finita un'epoca?

Io vorrei poter esprimere l'assoluta certezza che la vecchia Cosa Nostra sia completamente neutralizzata, ma tutto mi induce ad una certa prudenza. E' vero che hanno subito colpi pesantissimi e che sono in gravissima difficoltà, però Cosa Nostra ci ha abituato a una grande capacità di rinnovarsi, di ritrovare l'unità attorno ad un capo. Non posso escludere che ciò possa avvenire nel futuro più o meno immediato. Mi auguro solo che non avvenga e che possiamo continuare a mantenere la pressione che c'è stata fino a questo punto. Ma non è detto che Cosa Nostra non possa ritrovare nuovi equilibri, ricompattarsi e quindi riprendere la sua attività illecita all'interno della società siciliana

E quindi dove va maggiormente colpita Cosa Nostra?

La linea è sempre la stessa. Cosa Nostra non pratica più su larga scala l'omicidio e anche se c'è stato qualche episodio omicidiario numericamente non sono rilevanti. Le due linee di tendenza sono: il contrasto al racket delle estorsioni, che continua purtroppo ad essere attivo e soprattutto il sequestro e la confisca dei patrimoni illeciti. Queste sono le due linee su cui la procura di Palermo da sempre si muove, particolarmente in questi anni. Noi riteniamo che siano le linee giuste. Poi naturalmente non escludiamo che ci possano esserci altri tipi di indagini che conduciamo debitamente.

La notizia di due relazioni della Dia che sono state redatte sulla base di tre lettere anonime, provenienti dal quartiere Brancaccio di Palermo e che mettono in guardia i magistrati delle procure nissena e palermitana sulla possibile ripresa dello stragismo ha creato un certo allarme. Qual è la sua valutazione a riguardo?

Quando si tratta di notizie anonime e non qualificate è un po' difficile valutarne l'attendibilità. Si compiono quindi tutti i possibili riscontri e tutte le possibili ipotesi investigative. Indubbiamente la tendenza alla violenza è sempre presente in Cosa Nostra. Non possiamo pensare che abbiano abbandonato la prospettiva di violenza. Si tratta quindi di allarmi che noi registriamo e dei quali teniamo debitamente conto, ma dare un giudizio perentorio di attendibilità è estremamente difficile.

Ma lei ritiene che vi sia il rischio di nuovi scontri frontali tra Cosa Nostra e lo Stato?

Allo stato sembra che Cosa Nostra abbia abbandonato questa prospettiva, ma il tutto è condizionato (come sappiamo dalle intercettazioni dell'operazione Perseo) alla capacità di ricompattarsi. Il rapporto causa-effetto è questo: una Cosa Nostra dispersa e indebolita probabilmente non avrà la tendenza a praticare la violenza contro lo Stato, una Cosa Nostra ricompattata su nuove basi, con nuovi capi e con nuove alleanze potrebbe anche subire la tentazione o comunque avere la tendenza a scontrarsi nuovamente con lo Stato. La prospettiva non mi sembra attuale, non vorrei sbagliarmi clamorosamente perchè quando si parla di Cosa Nostra non si può escludere nulla.

La questione delle lettere ha riportato alla luce il problema della scorta al procuratore Sergio Lari, assegnatagli nuovamente dopo un periodo nel quale gli era stata tolta

Non conosco direttamente la vicenda in questione, ma mi pare che la situazione degli uffici scorte sia ragionevolmente soddisfacente, nei limiti delle risorse a disposizione. Il problema resta sempre quello della scarsità delle risorse che sono “imponenti”, ma non adeguate all'“imponenza” degli impegni.

Ma secondo lei il clima politico può influenzare o no l'aggressività di Cosa Nostra?

Non mi sembra che il clima politico o comunque gli equilibri politici contingenti possano influenzare granchè una Cosa Nostra che non è tanto interessata a determinati equilibri politici contingenti. Cosa Nostra è interessata piuttosto ad un rapporto con lo Stato nel suo complesso, con l'istituzione statale in tutte le sue articolazioni. Quindi il problema di Cosa Nostra è la scelta tra la strategia di sommersione, oppure una strategia più aggressiva in vista di determinati obiettivi di cui è difficile poter immaginare l'ampiezza e la portata.

NOSTRO COMMENTO: con l’approvazione della legge sul processo breve i cittadini avranno un indubbio diniego di giustizia. Va bene! Però ne abbiamo salvato UNO: IL MIGLIORE! ER PIU’! Vi pare poco? Fra qualche mese che il Premier si vada a contare le preferenze di gradimento! Ci sarà sicuramente un REFERENDUM che, purtroppo, si aggiungerà a tutti gli altri Referendum congelati in Parlamento. Di bene in meglio Italia!

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