Da Antimafia2000.com riceviamo e pubblichiamo:
Boss ergastolano scarcerato per una sentenza scritta in 4 anni
Resta comunque dietro le sbarre per altra sentenza passata in giudicato di Aaron Pettinari - 28 dicembre 2010 Da Antimafia 2000, si riporta:
E' un grave episodio di lentezza della giustizia, nonché una vera beffa alla propria credibilità, quanto avvenuto nei giorni scorsi a Reggio Calabria.
Per lo stesso motivo sarebbe potuto uscire dal carcere anche un altro ergastolano, Tommaso Romeo, anche lui condannato al processo «Prima luce». Questi, però, non lascerà il carcere perché su di lui pende una seconda condanna all’ergastolo inflittagli dopo l’operazione Valanidi.
Nel novembre scorso proprio il mancato deposito nei termini delle motivazioni della sentenza aveva provocato la scarcerazione di un altro imputato, Luciano D'Agostino, condannato a 15 anni di reclusione.
Proprio all'indomani di questa prima scarcerazione, una richiesta di ispezione ministeriale era stata rivolta, con un' interrogazione al Ministro Alfano, dalla deputata di Futuro e libertà Angela Napoli.
La parlamentare ha ricordato ieri di avere "presentato due interrogazioni sul caso del macroscopico ritardo nel deposito della motivazione della sentenza del processo 'Prima Luce' sulla faida di Sant'Ilario" e di non avere "mai ricevuto risposta. In questo modo - denuncia - si garantisce il procrastinare della criminalità organizzata e la mancanza di fiducia nella giustizia da parte dei cittadini".
Anche la Procura di Reggio Calabria aveva già segnalato alla Corte d'appello i ritardi nel deposito della motivazione della sentenza 'Prima luce'. Dopo la scarcerazione di Belcastro, la Procura scriverà nuovamente alla Corte d'appello per segnalare le "gravi anomalie" legate ai ritardi nel deposito della sentenza.
Il ministro della Giustizia Angelino Alfano in una nota ha fatto sapere tramite il proprio portavoce che il procuratore generale della Cassazione ha già esercitato l'azione disciplinare a carico del giudice Enrico Trimarchi, il 20 maggio del 2009, rendendo «così superfluo ogni ulteriore accertamento ispettivo che avrebbe rappresentato soltanto un'inutile sovrapposizione”.
Trimarchi comunque ha voluto precisare: “È ridicolo dire che sono passati quattro anni per scrivere una sentenza. Il problema vero è il sovraccarico di lavoro ordinario che spesso non lascia quei due mesi di tempo necessari per scrivere una sentenza del genere. Stiamo parlando di un processo complesso con migliaia di pagine e ben 80 faldoni. La questione è già passata al vaglio del Csm che ha valutato le mie ragioni e mi ha sanzionato con la perdita di anzianità per due mesi. Se non ci fossero state adeguate giustificazioni la sanzione sarebbe stata ben più severa”.
Il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, che aveva coordinato l'inchiesta su mandanti ed esecutori dei 15 omicidi della faida, nel lanciare comunque un allarme proprio riguardo le problematiche dovute all'organico ridotto, sulla scarcerazione ha detto: “E' un fatto che amareggia perché allontana la gente dall’avere fiducia nella giustizia”.
NOSTRO COMMENTO: certamente è grave quanto accaduto né le giustificazioni del magistrato possono determinare attenuanti. Resta, comunque, aperto l’allarme riguardo all’organico ridotto della giustizia ed a tutte le disfunzioni annesse e connesse.
I giudici: ''Ganzer ha tradito lo Stato”
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado un duro atto d’accusa contro il comandante del Ros
di Maria Loi - 28 dicembre 2010
Milano. Sono parole che pesano quelle trascritte dai giudici dell’ottava sezione del Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza che lo scorso 12 luglio hanno condannato in primo grado il comandante del Ros, il generale Giampaolo Ganzer, a 14 anni di carcere per traffico internazionale di droga.
A conclusione della sua requisitoria il pm Luisa Zanetti aveva chiesto 27 anni per il generale ma la Corte non ha riconosciuto la partecipazione ad un’associazione per delinquere contenendo così l’iniziale richiesta fatta dal pm Zanetti. Alla sbarra sono finiti anche il colonnello Mauro Obinu (condannato a 7 anni e 10 mesi), altri ex ufficiali dell’Arma e perfino un magistrato (Mario Conte, all’epoca dei fatti in servizio a Brescia).
La Corte presieduta da Luigi Capazzo ha emesso al sentenza di condanna e non ha riconosciuto le attenuanti generiche a Ganzer soprattutto “per la preoccupante personalità dell’imputato, capace di commettere anche gravissimi reati per raggiungere gli obiettivi ai quali è spinto dalla sua smisurata ambizione” hanno scritto i giudici milanesi, secondo cui “pur di tentare di sfuggire alle gravissime responsabilità della sua condotta negli anni in questione, Ganzer ha preferito vestire i panni di un distratto burocrate che firmava gli atti che gli venivano sottoposti, dando agli stessi solo una scorsa superficiale”.
Nelle motivazioni della sentenza i giudici, per nulla teneri nei confronti del generale, lo definiscono come uno che “non si è fatto scrupolo di accordarsi con pericolosi trafficanti ai quali ha dato la possibilità di vendere in Italia decine di chili di droga garantendo loro l’assoluta impunità. Ganzer ha tradito per interesse dello Stato e tutti i suoi doveri tra cui quello di rispettare e far rispettare la legge”. Ha tradito “il dovere di essere leale con gli altri organi dello Stato con i quali avrebbe dovuto collaborare” e anche i suoi stessi uomini. “Colpisce nel comportamento di Ganzer non tanto il fatto che non abbia avuto alcun momento di resipiscenza…ma che abbia preso le distanze da tutte le persone che con il suo incoraggiamento, avevano commesso i fatti in contestazione” trincerandosi secondo i giudici “sempre dietro la non conoscenza e la mancata (e sleale) informazione da parte dei suoi sottoposti”.
Dopo la sentenza di condanna Ganzer aveva già detto chiaramente come la pensava: “I fatti sono stati travisati. Ma come si fa a sostenere che io mi sarei accordato con i narcotrafficanti? Dove sono le prove? Dove sono i contatti con i criminali?”. E nella lunga memoria già depositata per l’appello, il generale ha contestato una per una le accuse che hanno portato i giudici a pronunciarsi con un verdetto di colpevolezza.
Così il comandante del Reparto operativo dei carabinieri, ha risposto a chi gli ha chiesto una sua opinione sulle motivazioni della sentenza: “Non commento le sentenze, sono un uomo delle istituzioni e lo sono sempre stato. Il mio unico commento è quello fatto in sede processuale, con i motivi d'appello”.
In virtù della decisione dei giudici di Milano c’è anche la possibilità che Ganzer venga destinato ad altro incarico.
NOSTRO COMMENTO: intanto la sentenza di primo grado lo riconosce colpevole dei reati ascritti e lo condanna a 14 anni per traffico internazionale di droga (accusa gravissima per un appartenente all’Arma!) Se poi il giudice di appello lo riconoscerà innocente questo è un altro discorso.
Iniziato il processo all'architetto Liga
di Aaron Pettinari - 28 dicembre 2010 Da Antimafia2000.com si riporta:
Si è aperto lo scorso 22 dicembre il processo a carico dell'architetto Giuseppe Liga, 59 anni, che, secondo la Procura, avrebbe retto il mandamento di Tommaso Natale e San Lorenzo dopo l'arresti dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo.
Professionista conosciuto all'interno della Palermo bene, ex reggente regionale del Movimento cristiano lavoratori, Liga è stato arrestato nel marzo 2010 a seguito di un'indagine piuttosto articolata iniziata da quando in alcune intercettazioni inerenti altre inchieste era stato citato un misterioso “architetto”. Una dicitura che era saltata fuori successivamente anche tra le carte che i poliziotti trovarono il giorno dell'arresto dell'allora capomafia di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo. Tra i tanti nomi e cifre presenti vi era anche questa annotazione: “Architetto Liga 10.000”. Nel settembre del 2008 con l'arresto dell’avvocato Marcello Trapani, legale dei Lo Piccolo, vennero trovati altri riferimenti. Il costruttore Piero Cinà, indicato come un esattore dei Lo Piccolo, nome in codice Alfa, scriveva in un pizzino: “cantiere scalea: continuano a ritardare il saldo, si tratta di 110 mila euro. Ho parlato con Pippo, ma tutto tace”. Pippo, secondo gli inquirenti, sarebbe l’architetto. In un'altra intercettazione il titolare della società di costruzioni e altri interlocutori, fra cui Pippo, discutevano sulla rata del pizzo: mille euro ad appartamento. Successivamente, con il pentimento di Marcello Trapani parla di un cantiere per la costruzione di alcune villette. Dell'architetto avevano parlato anche i boss nel famoso summit intercettato durante l'operazione “Perseo”.
Alle intercettazioni si sono poi aggiunte le dichiarazioni dei pentiti che hanno indicato nell'architetto Liga come l'uomo che comandava a San Lorenzo, ovvero Maurizio Spataro, Isidoro Cracolici, Francesco Franzese, Gaspare Pulizzi, Manuel Pasta e Marcello Trapani.
Tra gli imputatu al processo vi sono anche Amedeo Sorvillo, 57 anni, e Agostino Carollo, 45 anni (la cui posizione è stata stralciata per motivi di salute), accusati di trasferimento fraudolento di beni. Il collegio presieduto da Fabrizio La Cascia ha accolto tutte le richieste di costituzione di parte civile, a cominciare da quelle del Movimento cristiano dei lavoratori e da quelle di alcune delle vittime delle presunte estorsioni. Accolte pure le richieste delle associazioni Fai e Addiopizzo, Confcommercio Palermo, Sos Impresa, Solidaria, Confinsutria palermo, Centro Pio La Torre e Provincia di Palermo. Il processo chiesto dai pm Gaetano Paci e Francesco Del Bene, è stato così rinviato al 12 gennaio.
NOSTRO COMMENTO: così anche il Movimento cristiano lavoratori avrebbe il suo indagato. Ma Noi che non siamo forcaioli aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso.
- Il pentito Manuel Pasta: ''L'architetto Liga e' il nuovo Papa'' - di Aaron Pettinari
- Alla sbarra Giuseppe Liga, ''l'architetto'' di Cosa Nostra, successore dei Lo Piccolo
di Aaron Pettinari
- Quando ''l'Architetto'' si occupava di politica - di Aaron Pettinari