I vescovi bocciano il reddito minimo: "Così si produce assistenzialismo"
Di Giacomo Galeazzi
La Conferenza episcopale italiana: «Bisogna accompagnare chi perde il lavoro verso una nuova occupazione». E sulla cassa integrazione: «Non deve essere finalizzata a far niente»
CITTA' DEL VATICANO
No all'assistenzialismo e no al reddito minimo. Occorre piuttosto accompagnare verso una nuova occupazione chi perde il lavoro. «Accompagnare è la parola che il Papa ha detto a noi vescovi, la diciamo alla società». Accompagnare alla formazione, ad un lavoro, evitando «progetti di assistenzialismo». Il reddito minimo «ma anche la cassa integrazione non deve essere mai finalizzata a fare niente», afferma l'arcivescovo Giancarlo Bregantini, in audizione per la Cei in Parlamento.
«Bisogna fare in modo che ci siano iniziative di sostegno per chi perde il lavoro, ma sempre finalizzate ad accompagnare, in modo che non si precipiti nel buco nero della povertà», spiega Bregantini.
Nell'audizione alla Commissione Lavoro del Senato, l'arcivescovo ha sottolineato che «tutti gli interventi dello Stato debbono essere fatti per facilitare il servizio ai luoghi di maturazione e di crescita della società». E quindi il reddito di cittadinanza, di cui si discute in Parlamento, deve prevedere, «ulteriore formazione o anche servizi».
Il vescovo di Campobasso, che per anni si è occupato nella Cei di problemi del lavoro, ha spiegato: «Per esempio, ci può essere un momento in cui una scuola ha bisogno di essere dipinta oppure può servire in una comunità chi pulisce le aiuole, o le strade. E allora tutti gli interventi pubblici, compresa la cassa integrazione, non debbono mai essere finalizzate a fare niente». Si deve guardare al «benessere dell'individuo» ma anche a quello della società che può essere sostenuta con «le qualità» di chi, in assenza momentanea di un suo lavoro, fa qualcosa per il bene della società.
Una ricetta che potrebbe funzionare anche contro la piaga della disoccupazione giovanile. Non servono per loro «progetti di assistenzialismo» ma piuttosto «il punto nodale sta nell'aiutarli ad elaborare e attuare un loro progetto di autopromozione che valorizzi anche le loro capacità». E per «facilitare ciò occorrerebbero aiuti bancari, così i giovani potrebbero mettere in atto i loro sogni».
Un'impostazione che suscita subito reazioni. «Sono assolutamente condivisibili le considerazioni espresse da monsignor Bregantini il quale, ha invitato ad evitare ogni forma di assistenzialismo e ad agire contro la povertà prevenendola nei luoghi ove si forma», commenta Maurizio Sacconi, presidente della Commissione lavoro del Senato, nella sua rubrica «Ve lo dico alle sei» pubblicata sul blog dell'Associazione amici di Marco Biagi (www.amicimarcobiagi.com).
«L'approccio che monsignor Bregantini ha suggerito, in antitesi a quello assistenziale, è - sottolinea Sacconi - quello "promozionale", attraverso la "reciprocità" relazionale che si produce in prossimità». Perciò, aggiunge Sacconi, «ogni risorsa pubblica non deve quindi "generare dipendenza o sudditanza", come ha detto Bregantini, ma deve essere al contrario orientata all'autosufficienza della persona: egli ha opportunamente evocato quindi anche il sostegno alle forme di autoimpiego, responsabilizzando le banche locali, così come ha citato la cooperazione quale strumento con cui più persone, attraverso la mutualità, realizzano progetti che diventano fonte di reddito e non solo». Quindi, puntualizza Sacconi, «questo approccio è a mio avviso coerente con le nostre tradizioni e con la nostra cultura così diversa da quella dei paesi nordici ove lo Stato e l'individuo si relazionano direttamente ma nei quali si produce, nonostante i generosi sussidi, solitudine e "trappola della povertà"».
IL NOSTRO COMMENTO: La Chiesa cattolica si permette il lusso attraverso Mons. Bregantini di esprimere giudizi sulla destinazione del reddito minimo ai giovani sostenendo, in parole povere, che «tutti gli interventi dello Stato debbono essere fatti per facilitare il servizio ai luoghi di maturazione e di crescita della società». E, quindi, il reddito di cittadinanza, di cui si discute in Parlamento, deve prevedere, «ulteriore formazione o anche servizi». In pratica si afferma: non date soldi ai giovani ma trovategli un lavoro. Questa potrebbe essere una soluzione giusta sol che in Italia si trovasse lavoro. Ma non si trova! Che glielo trovino Mons. Bregantini e Sacconi il lavoro ai giovani se ci riescono. Ed allora? Allora bisogna stare con i piedi a terra e guardare la realtà che è molto diversa da quanto appare. Il lavoro in Italia non esiste e chissà per quanto tempo andremo avanti così. Nell'attesa la soluzione del reddito minimo checchè ne pensino la Chiesa e Sacconi è la più percorribile ed è quella che bisognerà adottare. Poi io mi chiedo – e con me molti milioni di Italiani - come cazzo fa la Chiesa Cattolica ad esprimere giudizi su quello che deve o non deve fare il Governo per aiutare i giovani disoccupati? Il giudizio viene proprio dalla Chiesa Cattolica che dovrebbe tacere perché è piena di preti pedofili che son la vergogna dell'umanità. Con l'8 per mille .."la Chiesa Cattolica spende un terzo dei fondi nello stipendio del clero e poco meno della metà in "culto e pastorale", una voce che al suo interno include la costruzione di nuove chiese e la ristrutturazione di quelle esistenti, i finanziamenti alle diocesi e la tutela dei beni ecclesiastici. Meno di un quarto dei fondi vanno in opere di carità, sia nazionali che internazionali. (Tratto da: http://espresso.repubblica.it/inchieste/2015/05/07/news/8-per-mille-sai-dove-finiscono-i-soldi-scopri-come-i-fondi-vengono-spesi-1.209123)
Che vergogna! Poi bocciano il reddito minimo e parlano di "assistenzialismo per i giovani" Perché invece di vedere la trave che c'è nei propri occhi guardano la pagliuzza negli occhi degli altri?