Riceviamo e pubblichiamo 27 Giugno 2010
Fonte:http://www.antoniodipietro.com
Nelle prossime ore è attesa la sentenza d'Appello per Marcello Dell'Utri, senatore Pdl accusato di concorso esterno in associazione mafiosa per il quale l'accusa ha chiesto 11 anni di carcere, dopo i nove inflitti in Primo grado. Un processo che
abbiamo seguito udienza dopo udienza, dando spazio a quell'informazione che i telegiornali del Premier non offrono più. Pubblico, di seguito e in video, il resoconto dell'ultima udienza celebrata a Palermo venerdì scorso. Attendendo la sentenza, ovviamente.
"Io non vorrei essere nei vostri panni. Però voi dovrete prendere una decisione che è veramente storica per il nostro Paese. Potete costruire un gradino che porterà a scalarne tanti altri, o potere distruggerlo. Questa è una responsabilità che non vi invidio. Ma è un dovere per la nostra categoria. Un dovere anche quando è il potere ad essere giudicato. Un potere che aveva cercato di sottrarsi al giudizio. Vi chiedo di affermare la responsabilità dell'imputato".
Queste che avete sentito sono le parole che il Procuratore Generale di Palermo, Nino Gatto, ha rivolto ai Giudici della II sezione penale della Corte d'Appello di Palermo a conclusione della sua replica finale nell'ultima udienza del processo contro il senatore Pdl Marcello Dell'Utri.
Nell'aula bunker B2 all'interno del carcere Pagliarelli è andato in scena l'atto finale prima della decisione conclusiva. Storica, secondo l'accusa.
Nino Gatto ha sfruttato l'ultima occasione di parola per confutare alcuni degli argomenti che nel corso delle ultime cinque udienze i difensori di Dell'Utri hanno usato per scagionare il senatore. Per ridurre il numero degli eventi accertati e sminuirne l'importanza.
Uno dei più importanti per l'accusa è l'incontro alla Edilnord di Milano. Secondo i difensori mai avvenuto.
Secondo Gatto è sbagliato considerare l'intero impianto accusatorio limitato alle sole alle dichiarazioni dei pentiti, seppur determinanti.
Quanto al contesto globale del concorso esterno l'accusa ha spiegato come le frequentazioni, costanti nel tempo con i mafiosi, sono la dimostrazione che - quello di Cosa Nostra - è il mondo di Dell'Utri.
Vittorio Mangano non era un fattore, ha ribatito Gatto, ma garantiva la protezione a Silvio Berlusconi in un periodo, i primi anni '70 in cui erano frequenti i sequestri di persona. E i rapporti di Mangano con Dell'Utri si è dimostrato essere stati costanti nel tempo anche grazie agli appunti contenuti nella sua agenda.
Marcello Dell'Utri, al contrario delle previsioni, non si è presentato in aula rinunciando alla facoltà di rendere dichiarazioni spontanee alla Corte. Un suggerimento, forse, dei suoi stessi avvocati per evitare ogni possibile passo falso nel momento più delicato del processo.
Gli avvocati Sammarco e Mormino hanno replicato duramente all'esortazione del PG Gatto rivolta ai Giudici a proposito della valenza storica della loro decisione.
Nino Mormino ha concentrato buona parte del proprio intervento a cambiare la prospettiva dell'interessamento di Marcello Dell'Utri per lo svoglimento, nel 1994, di un provino al Milan per il giovane calciatore D'Agostino.
La prova, secondo l'accusa, della vicinanza di Dell'Utri ai boss di Brancaccio Giuseppe e Filippo Graviano. In un periodo, il 1994, nel quale sarebbe poi decollato il progetto politico di Forza Italia che, proprio in Sicilia, poteva contare su un forte consenso ai vertici di Cosa Nostra.
E proprio ai fratelli Graviano è legato il pentito Gaspare Spatuzza. Le sue rivelazioni, di altissimo valore secondo l'accusa, dimostrano il coinvolgimento dell'imputato nella seconda - e ultima - fase stragista di Cosa Nostra.
Considerare le sue dichiarazioni smentite dalla parola di un boss non pentito, Filippo Graviano, il quale peraltro non rispondeva dell'incontro al Bar Doney di Via Veneto, ma di un colloquio avvenuto in carcere, è un errore che l'accusa si augura la Corte non commetterà.
Claudio Dall'Acqua, Sergio La Commare e Salvatore Barresi sono da oggi chiusi in una lunga e certamente tesissima camera di consiglio dalla quale, ovviamente, non dipende solo il destino di un imputato e del suo sistema di potere.
Ma anche un equilibrio político fondato su patti inconfessabili e su un'opinione pubblica tenuta lontana da pericolose verità.
Nove anni e sei mesi di reclusione inflitti a Dell'Utri dal Tribunale. Undici anni, invece, la richiesta della Procura Generale nel processo d'Appello.
Incertezza sui tempi della sentenza. Per cronisti ed avvocati, dunque, sosta forzata a Palermo in attesa che la Corte sciolga gli intricatissimi nodi di questa storia processuale.
NOSTRO COMMENTO: Il Procuratore Generale Gatto afferma che la decisione che dovranno adottare i giudici "è veramente storica per il nostro Paese." Auguriamoci che altrettanto lo sia la sentenza!