Camusso: il Governo abbia il coraggio, serve un decreto per la rappresentanza (04-11-2012)
In una lettera pubblicata quest'oggi sul 'Corriere della Sera', il Segretario Generale della CGIL, ha esortato la FIAT: “Ritiri i 19 licenziamenti e riprenda il confronto anche con FIOM” FIAT: CGIL, i licenziamenti a Pomigliano sono un ricatto inaccettabile. Fonte e Link: http://www.cgil.it/dettagliodocumento.aspx?ID=20054
Caro Direttore,
vorrei tornare, a partire dalle scelte che la FIAT ha annunciato di voler compiere in risposta a una sentenza della magistratura, su alcuni temi che ritengo fondanti per la nostra democrazia e, più modestamente, per le relazioni industriali italiane. Il contenzioso che l'azienda torinese ha sprezzantemente aperto, infatti, travalica lo specifico della vicenda sindacale in questione che brevemente riassumo. La FIAT è stata condannata da un giudice per aver discriminato un gruppo di lavoratori in base all'appartenenza sindacale. In pratica, dice la magistratura, in questi mesi l'azienda ha escluso dall'assunzione alcuni lavoratori perché iscritti alla FIOM-CGIL e l'ha fatto con precisione millimetrica, al punto che neppure uno di loro è stato selezionato proprio perché si erano liberamente iscritti a un'organizzazione che, altrettanto liberamente, non ha condiviso e quindi non ha firmato un accordo sindacale.
È importante partire da quanto accaduto, dalla discriminazione compiuta, dalla negazione dei diritti di cittadinanza dei lavoratori e delle libertà di espressione del pensiero sindacale e politico nel posto di lavoro. Da lì bisogna partire perché quello dei diritti è un tema fondante la nostra democrazia. Ed è un tema fondante dei sindacati confederali che per lunghi anni hanno combattuto questa e altre discriminazioni — da quelle di genere a quelle religiose o etniche — che nel corso del tempo si sono più volte manifestate sui luoghi di lavoro. L'hanno fatto insieme ai lavoratori che si sono messi in gioco in prima persona, pagando prezzi anche altissimi per conquistare e difendere diritti e doveri nei luoghi di lavoro e leggi che ne tutelassero l'esercizio. E a volte il ricorso alla magistratura, ai tribunali si è rivelato indispensabile per chiedere il rispetto di quelle stesse leggi e degli accordi pattuiti, oppure per determinare le regole contrattuali da applicare. C'è chi sostiene, legittimamente e in parte a ragione, che il ricorso al giudice sia una sconfitta per le relazioni sindacali e c'è chi afferma, in un parallelismo inquietante con quanto accade nel campo della politica, che l'intervento dell'organo giurisdizionale sia di per sé sbagliato non solo perché i magistrati sarebbero di parte, ma perché lo Stato, la magistratura non dovrebbe mai intromettersi nelle ricadute di scelte aziendali dettate esclusivamente da un mercato infallibile e giusto e quindi anch'esse inoppugnabili. Sono tesi contraddittorie e sbagliate che omettono in modo interessato i generosi aiuti accordati in passato, che coprono le pressanti richieste avanzate anche recentemente, o che nascondono, lasciatemelo dire, un antico desiderio padronale di comprimere reddito e diritti dei lavoratori.
Di fronte alla discriminazione, alla negazione di diritti, alla soppressione dell'agibilità politica e negoziale un sindacato ha il dovere di lottare e di chiedere alla magistratura il rispetto delle leggi. Ha il dovere di difendere non solo le conquiste ottenute con il sacrificio di tanti, ma la democrazia stessa così come regolata dalla nostra Costituzione e dalle leggi democraticamente votate dal nostro Parlamento. Una simile discussione sarebbe impensabile in altri Paesi. Non la immagino negli Stati Uniti dove, sono certa, la Corte suprema non avrebbe dubbi a sanzionare l'azienda se dei lavoratori ricorressero contro Chrysler perché non assume lavoratori neri o musulmani o aderenti a qualche associazione di categoria. Per questo la ritorsione che la FIAT ha deciso di attuare contrapponendo 19 lavoratori discriminati a 19 da discriminare è intollerabile. Intollerabile per il messaggio punitivo, retrogrado e vendicativo nei confronti dei 38 lavoratori e dei loro compagni. Intollerabile per il segnale che vuole dare di noncuranza delle regole e delle leggi e di sprezzo nei confronti dei poteri dello Stato e delle istituzioni.
Bisogna quindi eliminare dal campo la ritorsione. Bisogna rispettare la magistratura e le sue sentenze. Bisogna rimuovere la discriminazione senza determinarne altre. Questo è essenziale. FIAT nei giorni scorsi ha ammesso l'errore di Fabbrica Italia. Abbiamo sentito dai suoi portavoce anche toni distensivi. Si esclude la chiusura di altre unità produttive nel nostro Paese (oltre alle tre già chiuse e tuttora senza soluzione) che lo stesso amministratore delegato aveva ventilato in un'intervista. Si parla di nuovi modelli e si prospettano missioni per alcuni stabilimenti. Certo, siamo ancora ben lontani da un vero e proprio piano che dovrebbe programmare e indicare date, investimenti, modelli e volumi, e potrebbe essere un segnale di non disimpegno della FIAT nel nostro Paese. Un segnale che, purtroppo, viene immediatamente e violentemente contraddetto dalla ritorsione di Pomigliano.
Anche il ministro del Lavoro con un comunicato importante ha chiesto all'azienda di fermare la ritorsione e ha segnalato la necessità di tornare ad avere normali relazioni sindacali. Una simile scelta consentirebbe non solo di affrontare positivamente, con i contratti di solidarietà, le difficoltà che il naufragio di Fabbrica Italia ha aperto nel rapporto tra produzione e organici nello stabilimento di Pomigliano, dove l'accordo separato prevedeva il reingresso di tutti i lavoratori, ma anche i nodi della lunghissima vertenza FIAT: il piano industriale, l'accordo aziendale, il riconoscimento della rappresentanza sindacale e il contratto di lavoro unico per i lavoratori metalmeccanici.
Come dare concretezza a questo percorso possibile? Una strada c'è: quella indicata dall'accordo interconfederale del 28 giugno scorso in cui s'individua nel contratto nazionale di categoria la fonte primaria di regolazione della contrattazione e per quanto riguarda gli accordi aziendali la firma a maggioranza da parte di Rsu liberamente e proporzionalmente elette, l'impegno di tutti al loro rispetto e la certezza della rappresentanza per le organizzazioni che ottengono almeno il 5 per cento tra iscritti certificati e voti ottenuti.
Se si adottasse responsabilmente questa strada, i dipendenti FIAT tornerebbero a essere lavoratori metalmeccanici e non più figli di un contratto aziendale costruito a misura dell'azienda; sarebbero superati tutti gli elementi di dubbia costituzionalità oggi presenti; sarebbe negato quello stile di comando forzoso e autoritario che impedisce ai lavoratori di esprimere i loro saperi e le loro competenze a vantaggio, in primo luogo, dell'azienda stessa; si tornerebbe a riconoscere diritti fondamentali e insopprimibili quali la libertà di pensiero e di associazione. Si tornerebbe, cioè, alla normalità del confronto e delle relazioni sindacali. È una strada che si può intraprendere e che si dovrebbe percorrere. Il governo potrebbe esercitare il suo ruolo di garante di regole giuste e condivise. In questi mesi abbiamo visto molti decreti sui quali abbiamo espresso con lealtà le nostre critiche e il nostro dissenso per le ricadute negative sui lavoratori e sul lavoro. Vederne uno che recepisce i contenuti dell'accordo interconfederale sulla democrazia sindacale sarebbe un bel segnale di cambiamento. Susanna Camusso
NOSTRO COMMENTO: Cara Susanna, io leggo con interesse le Vostre News, anzi, sono abbonato. Proprio oggi mi è balzata tra le mani la sua lettera al Direttore del Corriere e subito mi è venuta la voglia di fare un commento. Lei è una persona ammirevole perché si batte con onestà, coraggio e determinazione per la difesa dei diritti dei lavoratori. Questo Le fa onore. Ma molte volte pecca di ingenuità. Mi spiego meglio. Non speri minimamente, che questo Governo che ha in odio la classe operaria Le possa venire incontro. Monti è un aristocratico. Per Lui esistono solo le Banche e le grandi lobbies finanziarie. La classe operaria e la classe media sono state SONORAMENTE bastonate prima da Prodi, poi da Berlusconi ora da Monti. E’ un dialogo tra sordi. Del resto il suo attuale interlocutore è Marchionne che vive in Svizzera, non si sa per quali motivi, e di Sindacati nell’ambito delle Aziende da lui dirette non ne vuole sentire parlare. Ormai siamo tornati alle vecchie lotte di classe: i padroni da un lato ed i servitori dall’altro. Chi osa alzare la testa contro il PADRONE viene immediatamente decapitato. Ancora non lo ha capito? I mercati finanziari e le Banche ci stanno rovinando. Paghiamo interessi su interessi per pagare un debito pubblico generato dalle banche con il cd “Signoraggio bancario”. In definitiva lavoriamo per le banche che stanno attuando in tutta l’Europa una politica che porterà gli Stati al default, e, Lei chiede a Monti di recepire l’accordo interfederale. Francamente mi sembra un’ingenuità! Mi auguro di sbagliarmi! Solo se il popolo dice “BASTA” si potrà ottenere qualcosa. Questo l’ha capito o NO? In ogni caso continui la sua lotta a tutela della classe operaia. La estenda anche in Europa. Solo se lo Stato ripristinerà il principio di sovranità monetaria e metterà il Governo in condizione di stampare moneta togliendo alle banche private poteri che non competono e che possono ridurre i popoli in schiavitù avremo un respiro di sollievo. Tutto il resto sono Poesie e chiacchiere inutili. Cordialmente Fernando