Addizionali regionali e comunali profili di dubbia legittimità
Powered by Admin 15-02-2016
Premettiamo quanto riportato dal sito: Ministero delle Finanze – Ufficio per l’informazione del contribuente. Fonte:www.contribuenti.it
“Lo scopo di avviare il decentramento fiscale finalizzato alla trasformazione in senso federale dello Stato e di attenuare l’impatto sugli enti locali del decentramento amministrativo stabilito con le c. d. leggi Bassanini, sono state istituite due addizionali all’Irpef, una regionale e una comunale.
L’addizionale regionale è in vigore sin dal 1998, quella comunale decorre, invece, a partire dal periodo d’imposta 1999. Entrambe le addizionali non sono deducibili ai fini di alcuna imposta, tassa o contributo.
Sono obbligati al pagamento dell’addizionale regionale e comunale all’IRPEF tutti i contribuenti, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, per i quali, nell’anno di riferimento, risulta dovuta l’IRPEF dopo aver scomputato tutte le detrazioni d’imposta ad essi riconosciute e i crediti d’imposta sugli utili distribuiti da società ed enti e quelli per redditi prodotti all’estero che hanno subito la ritenuta di imposta a titolo definitivo.
I contribuenti soggetti all’addizionale regionale e a quella comunale calcolano l’importo dovuto applicando le relative aliquote al reddito complessivo determinato ai fini dell’IRPEF, al netto degli oneri deducibili riconosciuti ai fini dell’IRPEF stessa.
Per l’anno 2000, l’aliquota dell’addizionale regionale è stabilita nella misura dello 0,9% per tutto il territorio nazionale; per gli anni successivi può essere elevata dalla regione fino all’1,4%.
L’addizionale comunale all’Irpef, invece, è articolata in due aliquote distinte:
- una, di compartecipazione uguale per tutti i Comuni da stabilire con decreti del Ministro delle Finanze, di concerto con il Ministro dell’Interno.
Per l’anno 2000 questa aliquota non è stata determinata e, quindi, non è dovuta alcuna addizionale di compartecipazione comunale; - un’altra, variabile da Comune a Comune, in quanto rimessa alla discrezione dei Comuni che possono istituirla con proprio provvedimento, con un incremento massimo dello 0,2% annuo, entro il 31 dicembre dell’anno precedente.
Vedi elenco dei Comuni (dal sito del Ministero delle Finanze) che hanno deliberato l’addizionale.
Come si pagano le addizionali:
Per i titolari di redditi di lavoro dipendente e assimilati, le addizionali regionale e comunale all’Irpef vengono determinate dai sostituti d’imposta all’atto dell’effettuazione delle operazioni di conguaglio relative a tali redditi e trattenute in un numero massimo di 11 rate mensili, entro il mese di novembre, oppure alla cessazione del rapporto se antecedente alla fine del periodo d’imposta.
Per i possessori di redditi diversi da quelli di lavoro dipendente e assimilati, la determinazione e il pagamento delle addizionali avvengono in sede di dichiarazione dei redditi.
Per avere un quadro più dettagliato si riporta il seguente Discorso tratto dal sito Tesionline:
“ Nel corso degli anni 90, l’Italia, come la maggior parte dei paesi Europei ed Extra-Europei, ha avvertito la necessità di dare avvio ad un processo di decentramento di competenze e risorse agli enti territoriali di governo, Regioni, Province e Comuni.
Il primo atto normativo è stato realizzato utilizzando la legislazione ordinaria, approvando in parlamento le note “leggi Bassanini”.
Al fine di favorire l’acquisizione di un’autonomia finanziaria in capo agli enti territoriali minori e di promuovere il recupero dell’efficienza nella gestione della cosa pubblica, il governo, usufruendo della legge delega 23 dicembre 1996, n. 662, emanò i decreti legislativi 446/1997 e 360/1998.
Inizialmente essi prevedevano l’assegnazione di somme derivanti da quelli che dovevano essere tributi propri.
In particolare, il D. Lgs. del 15 dicembre 1997 n. 446 avente per titolo “Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione delle aliquote e delle detrazioni Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta ….”.
All’art. 50, il D. Lgs. Istituisce l’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Di fatto l’addizionale si configura come un incremento di imposta che viene deciso autonomamente dalla Regione, stabilendo un’aliquota compresa all’interno di una forbice, precisamente individuata dal decreto, che inizialmente aveva per estremi un minimo dell0 0,5% ed un massimo dell’1% e in seguito al D. Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56, art. 3, con effetto immediato, gli estremi sono stati incrementati rispettivamente allo 0,9 e 1,4%.
L’addizionale regionale si determina applicando l’aliquota, fissata dalla Regione in cui il contribuente ha la residenza alla data del 31 dicembre dell’anno cui l’addizionale si riferisce, al reddito complessivo determinato seguendo i criteri di determinazione del reddito imponibile per l’Irpef al netto degli oneri deducibili.
Pertanto è evidente che l’addizionale è vincolata alla determinazione dell’imponibile Irpef sia a livello delle singole categorie di reddito sia a livello del reddito complessivo, non essendo in alcun modo intaccata dalle variazioni dell’imposta principale conseguente alle detrazioni o ai crediti d’imposta, purché l’obbligo contributivo permanga.
La quota dovuta per il tributo regionale va versata in un’unica soluzione al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Per i redditi da lavoro dipendente, e ad essi assimilati, l’addizionale regionale determinata dai sostituti d’imposta all’atto delle operazioni di conguaglio relative a detti redditi.
In questo caso l’aliquota vigente è quella della regione di residenza del sostituto e non del contribuente che potrebbe essere anche non residente nel territorio dello Stato.
L’importo così calcolato è trattenuto in rate di numero non superiore ad 11 partendo dal periodo successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre, mentre in caso di cessazione del rapporto, l’importo è trattenuto in un’unica soluzione nel periodo di paga in cui sono svolte le operazioni di conguaglio.
Il D. Lgs 360 del 28 settembre 1998 rappresenta il quadro normativo di riferimento per l’addizionale comunale all’Irpef, la istituisce e ne regola il funzionamento.
Analogamente a quanto detto per l’addizionale regionale, anche per l’addizionale comunale, sorge l’obbligo contributivo solo se sussiste l’obbligo di pagare l’imposta sul reddito delle persone fisiche alla quale l’addizionale è ancorata, dopo aver calcolato il reddito complessivo imponibile al netto degli oneri deducibili e di eventuali crediti d’imposta.
Ai comuni è data possibilità di variare l’aliquota di compartecipazione dell’addizionale, da applicare a partire dall’anno successivo, con una deliberazione da pubblicare su un sito informatico a cura del Ministero dell’economia e delle finanze, www.finanze.gov.it, individuato in un decreto emanato dal Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro della giustizia.
Dalla pubblicazione sul sito informatico dipendono strettamente l’efficacia della deliberazione e la sua decorrenza.
Anche qui le aliquote deliberate non possono eccedere l’aliquota massima prevista dal decreto in parola, dello 0,5%, successivamente incrementato all’8%, ma con un incremento annuo non superiore allo 0,2%.
Nel percorso di acquisizione della propria autonomia impositiva, i Comuni hanno incontrato una serie di difficoltà, una di esse è rappresentata dal blocco dell’efficacia delle deliberazioni concernenti proprio l’aumento dell’aliquota di compartecipazione, introdotto dalla lettera a), comma 1, dell’art. 3 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003).
Essa stabiliva, infatti, che gli aumenti delle addizionali all’irpef per i Comuni e le Regioni, deliberati successivamente al 29 settembre 2002, che non siano confermativi delle aliquote in vigore per il 2002, devono ritenersi sospesi fino a quando non sarebbe stato raggiunto un accordo in sede di Conferenza unificata tra Stato, Regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo, ai sensi del D. Lgs. 281/1997.
Tale provvedimento ha sollevato non pochi problemi, tra cui il dubbio se i Comuni avessero o meno la possibilità di deliberare per la prima volta l’istituzione di un’addizionale in pendenza del blocco.
L’ufficio per il federalismo fiscale è intervenuto sulla questione con la circolare n. 1/DPF/UFF dell’11 del 11 febbraio 2003 in cui ha affermato che se il Comune istituisse per la prima volta l’addizionale comunale all’Irpef, si assisterebbe comunque ad una variazione dell’assetto delle aliquote che prima era caratterizzato da un’aliquota pari a zero.
Il blocco che doveva avere breve durata, è stato di anno in anno prorogato fino all’approvazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, DPEF 2007, che oltre a sospendere il blocco ha introdotto una serie di novità per il 2007.
Infatti il comma 142 prevede che i comuni possono istituire una nuova addizionale o variarne l’aliquota, laddove già presente, fino ad un massimo che la stessa legge ha incrementato allo 0,8%.
L’istituzione o la variazione può essere operata mediante l’emanazione di un regolamento che deve essere approvato con una delibera consiliare.
Ulteriore novità è rappresentata dalla lettera b) del comma 142, in cui è prevista la possibilità per i Comuni di determinare una soglia di esenzione in ragione del possesso di specifici requisiti reddituali.
Nuova è anche la modalità di versamento del tributo, infatti il nuovo art. 1 del D. Lgs. 360/1998 prevede che ciò avvenga in due tranche, acconto e saldo, l’acconto deve essere versato entro il termine di versamento del saldo relativo al periodo d’imposta precedente, unitamente al saldo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.
La misura dell’acconto è stabilita nel 30% dell’addizionale ottenuta applicando le rispettive aliquote di addizionale deliberate entro il 15 febbraio per l’anno in corso, al reddito imponibile dell’anno precedente.
Appare evidente che i contribuenti che rientrano nella soglia di esenzione per l’anno precedente, non sono tenuti al versamento dell’acconto, ma qualora il reddito per l’anno in corso non risulti compreso nella fascia di esenzione, il contribuente verserà l’intero importo in un’unica soluzione non dovendo sopportare alcun aggravio da interessi.
La novità dell’acconto investe anche la sfera dei sostituti d’imposta che lo determinano utilizzando l’aliquota fissata dal Comune in cui il dipendente ha il domicilio fiscale al 1° gennaio 2007, non più 31 dicembre 2006, trattenendo i relativi importi in un numero massimo di nove rate mensili a partire dal mese di marzo, tenendo conto delle esenzioni deliberate dallo stesso Comune.
L’esenzione viene direttamente applicata dai sostituti d’imposta, anche in assenza di specifica richiesta del contribuente, se il reddito imponibile dell’anno precedente rientra nella fascia di esenzione deliberata dal Comune per il 2007.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro nel corso del 2007, il sostituto d’imposta dovrà indicare nel CUD che non sono state operate ritenute in acconto dell’addizionale comunale in applicazione dell’automatica esenzione, qualora ciò sia avvenuto, sorge l’obbligo a carico del sostituto, di restituire i relativi importi nelle mensilità successive o comunque in sede di conguaglio.
Il saldo sarà poi determinato dagli stessi sostituti all’atto delle operazioni di conguaglio, fine anno o fine rapporto, e il relativo importo verrà trattenuto in un numero massimo di undici rate mensili a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre il mese di novembre.
In caso di cessazione del rapporto di lavoro, l’addizionale residua deve essere prelevata in un’unica soluzione.
Osserviamo poi come Regioni e Comuni hanno utilizzato lo strumento dell’addizionale nelle diverse aree del territorio nazionale.
La Regione Lombardia, con legge regionale 18 dicembre 2001, n. 27, ha stabilito le aliquote dell’addizionale regionale all’Irpef in forma progressiva, partendo dalla minima dello 0,9% da applicare ai redditi costituiti esclusivamente da pensioni di ogni genere ed eventualmente dal reddito derivante dall’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle sue pertinenze, che non superino i 10.329,14 euro.
Si passa poi all’1,2% da applicare alla fascia di reddito compresa tra 10.329,14 e 15.493,71 euro; ai redditi compresi tra i 15.493,71 e 30.987,41 si applica l’1,3% e oltre i 30.987,41 la massima aliquota di 1,4%.
La Regione Veneto ha deliberato diverse rimodulazioni delle aliquote dell’addizionale regionale all’Irpef, la prima, con legge regionale 24 dicembre 2001, n. 40 e successivamente con legge 22 novembre 2002, n. 34.
La prima delibera stabiliva, come per la Lombardia, una struttura di aliquote progressive partendo allo 0,9% da applicare solo alle famiglie con disabile a carico e con un reddito non superiore ai 30.987,41 euro; per le famiglie con reddito, seppur inferiore, di 10.329,14 euro, ma che non hanno disabili a carico, l’aliquota minima da applicare è dell’ 1,2%.
Per i redditi compresi tra i 10.329,14 e 15.493,71 euro, l’aliquota è 1,3%, da 15.493,71 a 69.721,68 euro si applica la massima aliquota dell’1,4%.
Ciò che sorprende è la successiva aliquota prevista, infatti per i redditi superiori ai 69.721,68 euro è prevista l’aliquota dell’1,9%, in deroga a quella massima prevista dal D. Lgs. 446/1997.
Tale previsione è suffragata dalla legge 16 novembre 2001, n. 405 che ha convertito il D. L. 347/2001, che prevedeva “interventi urgenti in materia di spesa sanitaria”.
La 405 prevedeva, al art. 4 comma 3-bis che limitatamente all’anno 2002 e in deroga ai termini e alle modalità previste dall’art. 50, comma 3 del D. Lgs. 446/97, le Regioni possono maggiorare l’aliquota dell’addizionale regionale con propri provvedimenti da pubblicare sulla G. U. entro il 31 dicembre 2001.
La successiva delibera prevede una diversa distribuzione di aliquote che parte dallo 0,9% per tutti i possessori di reddito imponibile non superiore a 10.400 euro; fino ai 15.000 euro si passa al 1,2%; ai redditi compresi tra 15.000 e 29.000 si applica 1,3% e oltre i 29.000 si applica la massima dell’1,4%.
Ai disabili con reddito imponibile non superiore ai 32.600 euro e ai soggetti con a carico fiscalmente un disabile e aventi reddito non superiore a 32.600 euro si applica l’aliquota dello 0,9%. Per l’anno 2006, la Regione Veneto, con L.R. 26.11.2005, n. 19, ha fissato l’aliquota dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, nella misura dello 0,9% per i soggetti aventi un reddito imponibile, ai fini dell’addizionale regionale IRPEF, non superiore a euro 29.000,00.
Per i soggetti aventi un reddito imponibile superiore ad euro 29.000,00, l’aliquota è stata stabilita nella misura dell’1,4 per cento.
Per i soggetti aventi un reddito imponibile ai fini dell’addizionale regionale IRPEF, compreso tra euro 29.001,00 ed euro 29.147,00, l’aliquota è determinata in termini percentuali, sottraendo al coefficiente 1 il rapporto tra l’ammontare di euro 28.739,00 e il reddito imponibile ai fini dell’addizionale regionale IRPEF del soggetto stesso.
L’aliquota dell’addizionale regionale IRPEF resta altresì fissata nella percentuale dello 0,9 per cento per i soggetti con reddito imponibile ai fini dell’addizionale regionale IRPEF non superiore ad euro 50.000,00 ed aventi fiscalmente a carico tre figli.
Qualora i figli siano a carico di più soggetti, l’aliquota dello 0,9 per cento si applica solo nel caso in cui la somma dei redditi imponibili non sia superiore ad euro 50.000,00.
La soglia di reddito imponibile è innalzata di euro 10.000,00 per ogni figlio a carico oltre il terzo.
E’ prevista l’applicazione dell’aliquota agevolata dello 0,9 per cento per i disabili con reddito imponibile, ai fini dell’addizionale regionale IRPEF, non superiore ad euro 45.000,00 e per i soggetti con a carico fiscalmente un disabile e aventi un reddito imponibile non superiore ad euro 45.000,00.
Qualora il disabile sia a carico di più soggetti, l’aliquota dello 0,9 per cento si applica solo nel caso in cui la somma dei redditi imponibili, non sia superiore ad euro 45.000,00.
Per l’anno 2007, la Regione Veneto con L.R. 21.12.2006, n. 27, ha sostanzialmente confermato le disposizioni in materia di addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, previste per l’anno 2006, rimodulando le fasce di reddito stabilite per ciascuna aliquota in conseguenza delle modifiche apportate in sede nazionale, aliquota dello 0,9 per cento per i soggetti aventi un reddito imponibile ai fini dell’addizionale regionale IRPEF non superiore ad euro 28.000,00; aliquota dell’1,4 per cento per i soggetti aventi un reddito imponibile, ai fini dell’addizionale regionale IRPEF, superiore ad euro 28.000,00, (l’aliquota si applica sull’intero ammontare del reddito e non solo sulla parte che eccede euro 28.000,00).
Per i soggetti aventi un reddito imponibile ai fini dell’addizionale regionale IRPEF, compreso tra euro 28.001,00 ed euro 28.142,00, l’aliquota è determinata in termini percentuali, sottraendo al coefficiente 1 il rapporto tra l’ammontare di euro 27.748,00 e il reddito imponibile ai fini dell’addizionale regionale IRPEF del soggetto stesso.
Rimane confermata l’applicazione delle misure agevolative, previste per l’anno 2006, a sostegno delle famiglie numerose e dei soggetti disabili o delle persone aventi a carico soggetti disabili.
Al centro-Italia le due regioni prese in considerazione hanno adottato politiche fiscali differenti; la Regione Lazio ha deliberato un’aliquota unica pari alla massima consentita dal D. Lgs. 446/97, mentre la Regione Marche ha adottato una politica ben più articolata.
Ha infatti adottato una struttura di aliquote progressive per scaglioni di reddito, partendo dal primo, per redditi fino a 15.493,71 euro, si applica la minima aliquota dello 0,9%; avvalendosi della potestà di deroga al comma 3 dell’art. 50, D. Lgs. 446/97, consentita dalla già citata legge 405/2002, per i redditi compresi tra 15.493,71 e 30.987,41 l’aliquota era fissata all’1,91% arrivando poi all’aliquota del 3,6% da applicare a redditi compresi tra 30.987,41 e 69.721,68, oltre al quale si applica il 4%.
Dal 2003 la Regione ha poi provveduto a ridurre le aliquote per rientrare nei limiti del comma 3, art. 50 D. Lgs. 446/97.
La Regione Puglia ha inizialmente adottato per il 2002 la massima aliquota, poi nel 2003 ha operato una riduzione per i residenti, al 31 dicembre 2002, nelle zone terremotate (delibera Giunta n. 2230 del 23/12/2002) prevedendo un’aliquota dell’1,2% e dal 2004 ha ridotto l’aliquota per tutto il territorio prevedendola al 1,10%.
La Regione Calabria ha introdotto l’addizionale regionale all’Irpef dal 1° gennaio 2003 con aliquota massima.
Molte regioni hanno adottato una politica tributaria ad aliquote progressive per l’addizionale regionale all’Irpef, ciò ha destato non poche perplessità in quanto il dettato dell’art. 50 del D. Lgs. 446/97, al comma secondo recita:”L’addizionale regionale è determinata applicando l’aliquota, fissata dalla regione, in cui il contribuente ha la residenza”.
Utilizzando, quindi, il singolare, ciò farebbe presupporre una mera potestà a deliberare solo sull’entità di un’unica aliquota, cosicché le Leggi Regionali, che prevedono aliquote differenziate per scaglioni di reddito, si pongono in contrasto con la legge statale.
La tesi dominante, in materia, è quella sostenuta dalla Corte Costituzionale nella Sentenza n. 2 del 2006, sentenza in cui si dibatte su questioni di legittimità costituzionale, in merito all’art. 1, comma 7, della L. R. Marche 19 dicembre 2001, n. 35, titolata:”Provvedimenti tributari in materia di addizionale regionale all’Irpef” e dell’annessa tabella A, aventi per parti Amilcare Brugni, l’Ufficio di Ascoli Piceno dell’Agenzia delle entrate e la Regione Marche.
Nella specie, la tabella A, annessa alla denunciata legge, determina la misura dell’addizionale regionale all’Irpef, non in ragione di un’aliquota unica, ma di quattro aliquote modulate in ordine crescente per scaglioni di reddito.
L’accusa promossa dal denunciante è di disparità di trattamento tributario a danno di ogni cittadino perché ostacola sia la libertà di fissare il domicilio (art. 16 Cost.) o l’impresa (art. 41 Cost.).
La difesa ha dichiarato che, contrariamente a quanto affermato dal denunciate, la progressività di un tributo non viola il principio di uguaglianza, ma, al contrario, valorizza la differenza di capacità contributiva tra i diversi soggetti passivi d’imposta, basandosi sull’applicazione di una “disciplina diseguale a situazioni diseguali”.
La Regione si difende dall’accusa di violazione delle libertà anzidette, dichiarando che, come dettato degli articoli 117, 118, 119 Cost., come modificati dalla riforma del Titolo V, le regioni misurano il proprio gettito tributario sulla base delle politiche di spesa intraprese, quindi ai servizi erogati al cittadino.
Inoltre , fa sapere la regione, la progressività delle aliquote permette di applicare la massima solo sull’ultimo scaglione di reddito, colpendo quindi solo le fasce più alte consentendo di mantenerne una inferiore ai redditi più bassi.
In fine, la Corte Costituzionale ha emesso la sentenza negando la fondatezza delle questioni sollevate dal proponente, dichiarando errati gli assunti dell’accusa e non ravvisando violazioni dei citati articoli 117, 118, 119 Cost., avallando così le assunzioni della difesa.”
IL NOSTRO COMMENTO: Abbiamo deciso di pubblicare questi articoli (Abbastanza chiari!) tratti dai siti su menzionati per dare la possibilità a coloro i quali leggono (Magari, per la prima volta!) di capire e rendersi conto del meccanismo adottato dallo Stato per imporre addizionali ai cittadini – in aggiunta alle Tasse che normalmente pagano per i servizi che lo Stato dovrebbe assicurare ai cittadini ma che non assicura – delegando tale potere alle Regioni ed ai Comuni. A nostro avviso il Governo dovrebbe eliminare, immediatamente, queste “addizionali” che sottraggono danaro alla fonte dalle tasche dei contribuenti (senza nemmeno chiedere!). Nonostante la sentenza della Corte Costituzionale sulla fondatezza della legittimità delle addizionali, Noi siamo di avviso contrario nel “merito” (convenienza, opportunità) della questione. Spieghiamo subito il perché. Le Regioni ed i Comuni non funzionano tutti allo stesso modo. La maggior parte non funzionano affatto. Attribuire potestà impositiva in questo modo significa dare dei soldi e non sapere come verranno gestiti. Le Regioni sono “carrozzoni” che non hanno mai funzionato. Perché mai il cittadino deve contribuire al loro mantenimento? Allora cosa fare? Sedersi ad un tavolo e ragionare con la testa. Trovare un sistema diverso di reperimento delle fonti di finanziamento. Sottrarlo in ogni caso e comunque al potere di disponibilità delle Regioni e dei Comuni. Se imposizione vi deve essere, gestirla con trasparenza. Rendere partecipi della contribuzione tutti i cittadini (non solo i percettori di reddito fisso : pensionati e pubblici impiegati che vengono tassati alla fonte) anche i “percettori di redditi variabili”: imprenditori, liberi professionisti ecc..) che spesso e volentieri sfuggono ad ogni qualsiasi controllo. In buona sostanza non è giusto ed onesto che le addizionali vengano caricate solo da una fascia di cittadini. I deputati del M5S potrebbero sollevare la questione che è molto sentita da gran parte della gente. Incominciamo a fare qualcosa. Altrimenti sarà la solita “Vox clamantis in deserto”