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23 novembre 2024
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Il rientro di Veltroni: perchè?

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Dal Corriere.it, si riporta:

L’intervista - L’ex SEGRETARIO: in questi mesi ho taciuto di fronte a cose insopportabili

«Torno a partecipare alla vita del Pd»

Veltroni: dobbiamo rinnovare profondamente la nostra classe politica al Sud

 

Walter Veltroni, lei non ha ancora commentato la vittoria di Bersani.

«Era nell’ordine delle cose che po¬tesse accadere. Il risultato va letto più in profondità. Le primarie sono andate bene: chi sosteneva che non si elegge così un segretario di partito aveva torto. Però sarebbe sbagliato nascondersi che è diminuito il nume¬ro dei votanti, in un momento di scontro con Berlusconi molto più for¬te che nel 2007, quando c’era il gover¬no Prodi. Non c’è dubbio che ci siano stati meno entusiasmo, meno carica, meno partecipazione di giovani. Det¬to questo, le primarie si rispettano».

Quindi lei resta?

«Ho detto che rispetto le primarie e il loro risultato. Rutelli se n’è anda¬to. D’Alema ha dichiarato che in caso di vittoria di Franceschini avrebbe dovuto fondare un nuovo partito di sinistra. Io credo nel Pd, ci credo da sempre, anche quando tanti irrideva¬no questa prospettiva. L’ho fondato. Il mio posto è qui. In questi mesi, per amore del Pd, ho taciuto anche di fronte a cose insopportabili. Vedo che ora si ricorre alle 'veline rosse', fogli secondo cui starei per andarme¬ne dal mio partito. È un mondo che mi fa tristezza, che non frequento; so¬no abituato a dire le cose in prima persona. Domani ci sarà la direzione del partito e andrò, con lo stesso spi¬rito sereno di questi mesi. Avevo det¬to che sarei rimasto fuori dalla fase congressuale, e l’ho fatto. Ora la fase congressuale è finita, e riprenderò a partecipare alla vita del Pd».

Cosa si attende da Bersani?

«Bersani è un segretario rispettato da tutti. Da me, che conosco le diffi¬coltà di quel lavoro, lo sarà più che da altri. Spero che rispetti tutte le opi¬nioni. Io vinsi le primarie con il 76%, e certo non ho dato al partito una conduzione solitaria: negli organi di¬rigenti era rappresentato ogni orien¬tamento, e le decisioni sono state pre¬se senza dissensi. Bersani è stato elet¬to con il 53%; il 47% non ha votato per lui. Sono convinto che la sua in¬telligenza lo spinga a capire che il Pd va diretto rispettando le identità, le culture, le differenti posizioni. C’è bi¬sogno di un Pd unito».

Che impressione le ha fatto l’ad¬dio di Rutelli?

«Non lo condivido affatto. Ma non condivido neppure le reazioni. Non mi piace che aleggi, come nei tempi andati, l’accusa di tradimento. Quan¬do sento definire un uomo indipen¬dente come Calearo 'uno che ha sba¬gliato ristorante', riconosco uno stile che credevo superato con la coraggio¬sa svolta di Occhetto di vent’anni fa. Ma fa pensare anche sentire Tabacci, fino a ieri favorevole all’elezione di Bersani, dire oggi che con Bersani il Pd è troppo a sinistra. È come se si volesse far arretrare il Pd in un recin¬to più tradizionale per fare spazio a posizioni centriste. Io resto fedele al progetto originario».

E invece?

«Il rischio è che si ritorni allo sche¬ma del centrosinistra col trattino. Il modello in verità non è l’Ulivo, per¬ché l’Ulivo del ‘96 è diventato nel frat¬tempo il partito democratico. Il mo¬dello è l’Unione: coalizzare tutte le forze contrarie alla destra per impe¬dirle di vincere le elezioni. Bene; ma poi? Così si costruiscono governi che faticano a stare in piedi. Senza una maggioranza riformista coesa non si cambia l’Italia, non si fanno la rivolu¬zione verde, la lotta all’evasione fisca¬le e alla precarietà, la battaglia per la legalità. E non si porta l’Italia fuori dalla guerra civile permanente».

Guerra civile?

«Quale altro paese ha avuto vent’anni di fascismo, la guerra fred¬da con i morti per le strade, il terrori-smo, Tangentopoli, 15 anni di berlu¬sconismo, con l’elemento permanen¬te della mafia, delle stragi, di un gru¬mo di oscurità? Quale altro paese pas¬serebbe sotto silenzio la denuncia del procuratore Grasso, che all’Anti¬mafia ha detto di vedere dietro le stragi del ’92 la 'regia di un’entità esterna'?».

Quale entità esterna, secondo lei?

«Ci sono processi in corso; l’ulti¬ma cosa che farei è interferire in un processo. Leggeremo le testimonian-ze. Certo c’è un rapporto tra mafia e politica. C’è una cappa di piombo che si preferirebbe non sollevare. Ve¬do che Maroni e Bassolino concorda¬no nel dire che il video dell’omicidio di Napoli non andava mostrato; inve¬ce è giusto mostrarlo, perché ci ha da¬to quella che Gadda chiamava la co¬gnizione del dolore, e dell’indifferen¬za. In campagna elettorale io dicevo che avrei schiantato la mafia, Berlu¬sconi diceva che Mangano è un eroe. Sono segnali. Messaggi che si manda¬no, come candidare o meno Cosenti¬no. Ma la lotta alla mafia chiama in causa anche il Pd. Dobbiamo rinnova¬re profondamente la classe politica al Sud, a partire dalle regionali. Facce nuove, energie nuove, prese anche dalla società civile. Uomini come Raf¬faele Cantone, il magistrato che ha combattuto la camorra in Campa¬nia» .

Gli uomini che lei scelse dalla so¬cietà civile non l’hanno delusa?

«Ricordo quando Berlinguer portò in Parlamento Natalia Ginzburg, Gi¬no Paoli, Andrea Barbato, Altiero Spi¬nelli, Alberto Moravia; personaggi che oggi sarebbero accolti dal sorri¬setto ironico dei professionisti della politica. Io rivendico di aver portato in Parlamento Pietro Ichino, Umber¬to Veronesi, Achille Serra, Salvatore Vassallo, il prefetto De Sena, intellet¬tuali come Carofiglio, donne e uomi¬ni che si battono per i diritti civili co¬me Paola Concia e Jean-Léonard Touadi, imprenditori come Calearo e Colaninno, un operaio con una robu¬sta intelligenza politica come Boccuz¬zi... » .

Rivendica pure la Madia?

«Mi fa piacere che si parli bene di Marianna Madia, e la si trovi intelli¬gente e colta, ora che pare non so¬stenga più le mie posizioni. Io la sti¬mavo prima e la stimo ora».

Lei ebbe un ruolo anche nella scelta di Marrazzo. Cosa prova ades¬so?

«Più che lo sconcerto politico per questa intricata vicenda, provo dolo¬re per la persona e per la famiglia. Ciò non implica che sia sbagliato sce¬gliere persone che non vengono dal¬la politica. Ricordiamoci delle perso¬ne che vengono dalla politica e si so¬no macchiate di frequentazioni crimi¬nali» .

Perché Prodi ce l’ha tanto con lei?

«Psicologicamente lo capisco, ma il rapporto di stima tra noi non è mai cambiato. Prodi è stato convinto che il voltafaccia di Mastella sia stato pro¬dotto dalla scelta, espressa al Lingot¬to, della vocazione maggioritaria del Pd. Ma ci si dimentica della fatica quotidiana di quel governo. Dei cen¬to sottosegretari, della crisi dopo un anno, della maggioranza appesa al re¬spiro di Turigliatto, delle manifesta¬zioni in piazza di ministri contro il governo, della riduzione drastica del consenso, della sentenza di un socio di maggioranza come Bertinotti che parlò di una fase politica conclusa. E poi quanto è accaduto dopo lascia credere che Mastella avesse matura¬to il proposito di passare dall’altra parte. Proposito realizzato».

La 'vocazione maggioritaria' non ha forse fallito?

«No. Non ho mai pensato all’auto¬sufficienza del Pd. Pensavo, e penso, che il Pd debba costruire una maggio¬ranza riformista. Posso ricordarle un dato che a molti sfugge? Nel 2008 la coalizione riformista ha preso gli stessi voti del Pdl. Nel ‘96 vincemmo perché la Lega andò da sola e avem¬mo bisogno della desistenza di Rifon¬dazione. Nel 2008 i riformisti hanno preso gli stessi voti della destra: mai accaduto prima nella storia d’Italia. Ora Rutelli dice: mi metto fuori e con¬tratto. E in Sinistra e libertà affiorano venti di scissione. Ma se questa idea si fa strada si torna alla frammenta¬zione, ai 19 gruppi parlamentari».

Il Pd non dovrebbe accettare il confronto sulle riforme, a comincia¬re dalla giustizia?

«Anche questa legislatura a mio av¬viso è ormai sprecata. Il mio schema era quello delle democrazie occiden¬tali: maggioranza e opposizione se le danno di santa ragione, ma le rifor¬me istituzionali si fanno insieme. Raf¬forzare il potere di controllo del par¬lamento, dimezzare il numero dei parlamentari e ridurne le retribuzio¬ni, superare il bicameralismo a favo¬re di una democrazia che decide non è un favore a chi governa. Siamo noi per primi che abbiamo interesse ad evitare il degrado delle istituzioni. Ma Berlusconi non vuole le riforme; vuole risolvere i suoi problemi. Non ci sono già più le condizioni per l’ac¬cordo » .

Cosa pensa dell’ipotesi di D’Ale¬ma ministro degli Esteri dell’Ue?

«Le nostre profonde differenze po¬litiche sono note, e si sono accresciu¬te. Questo non mi impedisce di vede¬re che la nomina di D’Alema sarebbe un’opportunità per l’Europa, per il paese e per il centrosinistra. Mi augu¬ro vada in porto».

Dalla Lanzillotta a Vernetti, chi la¬scia il Pd lamenta che non sia stata seguita la linea di Veltroni. È in cor¬so la sua riabilitazione?

«So come va il mondo. Leggo che l’onorevole Marini si rallegra che il Pd non sia più un 'partito frou-frou'. Da lui mi sarei atteso sem¬mai qualche parola di autocritica sul voto in Abruzzo. Sono fiero della campagna del 2008, di essere stato in 110 piazze, quasi rimettendoci la sa¬lute. Sono stato a pranzo con le fami¬glie italiane, ho girato il paese tenen¬domi agli antipodi dalla politica spet¬tacolo. Ho lasciato, dopo la grande manifestazione del Circo Massimo (altro che partito liquido), un Pd con centinaia di migliaia di iscritti e un bilancio splendido. Soprattutto, cre¬do di aver destato una speranza che non è ancora spenta. L’Italia oggi è un paese triste. Ma è anche un paese straordinario, pieno di talento e di energie. Un paese che potrebbe sboc¬ciare. Io sento il dovere di continuare a servire il paese che amo. Di tenere vivo quel sogno che volevamo realiz¬zare, e a cui insieme non possiamo rinunciare». Aldo Cazzullo.

15 novembre 2009

NOSTRO COMMENTO: Mah! Nel PD c’è gente che esce e gente che entra. Ma dico io Veltroni aveva dichiarato di andare in Africa e non interessarsi di Politica dopo il fallimento della sua linea e delle elezioni in Sardegna e, soprattutto, della responsabilità che gli Italiani che ricordano non gli perdoneranno tanto facilmente di avere riesumato il Cavaliere (leggi il mio articolo “il ritorno del Cavaliere”) Perché questo rientro? Se non è riuscito quando aveva una maggioranza nell’ambito del PD cosa crede di poter fare oggi con Bersani Segretario? Secondo Noi: Niente! Chi lo segue? Nessuno! E allora? Allora Le diamo un consiglio. Faccia rientro in Africa On.le Veltroni se non vuole scomparire completamente dallo scenario politico. Gli Italiani si sono rotte le scatole di vedere sempre le stesse facce che ruotano continuamente creandosi sempre nuove verginità. Hanno necessità e diritto di avere un ricambio. Vogliono gente nuova. Lei, per caso si sente nuovo della politica dopo le sue recenti dimissioni? O crede che gli Italiani non ricordino? O, peggio ancora, crede proprio che siano fessi? Mi ascolti On.le torni in Africa. Può darsi che lì farà del bene e verrà ricordato per questo. Glielo auguro! Personalmente La ritengo una persona onesta e semplice e Le dirò che il Suo reingresso non Le porterà alcun giovamento ne a Lei ne al PD. Sincerely! Certo che Bersani ha una bella fortuna! Rutelli se ne va. Veltroni fà karakiri! Meglio di cosi!

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