"Spiare e colpire": i dossier e la regia di Berlusconi di Peter Gomez
Nessuno di loro ci sta a rimanere con il cerino in mano. Hanno spiato, certo. Hanno creato dossier e schede su quelli che Silvio Berlusconi considerava i suoi nemici. Hanno consultato fonti aperte e fiduciarie. Hanno archiviato documenti in cui si ipotizzavano interventi per "disarticolare", "neutralizzare", "ridimensionare" e "dissuadere", anche con "provvedimementi" e "misure traumatiche", i presunti avversari del premier.
Forse hanno addirittura organizzato pedinamenti e disposto intercettazioni telefoniche. Ma di sicuro non lo hanno fatto di loro iniziativa. Avevano ordini precisi. Disposizioni che arrivavano dall’alto. E, se mai adesso fossero processati, potrebbero parlare. Per questo il presidente del Consiglio, all’ultimo momento ha deciso di coprire con il segreto di Stato le attività dell’ex direttore del Sismi, Niccolò Pollari, legate all’ufficio disinfomatjia dei servizi segreti militari, scoperto a Roma, il 5 luglio del 2006 dalla Digos di Milano. Per questo l’uomo che dirigeva quel centro analisi, l’ex consulente di don Luigi Verzé, Pio Pompa – incredibilmente diventato prima uno 007 e poi un collaboratore de Il Foglio di Giuliano Ferrara – ha pure lui chiesto che il segreto, controfirmato da Berlusconi, blocchi di fatto l’inchiesta sul quelle schedature di stile vetero-cecoslovacco. Un’indagine che a Perugia era a un passo dalle richieste di rinvio a giudizio, ma che adesso è invece avviata verso un binario morto.
Restano però i fatti e i documenti. Carte che raccontano come tra il 2001 e il 2006, il governo Berlusconi abbia utilizzato i servizi per fare politica, avvelenare l’informazione, controllare o pagare i giornalisti (Renato Farina), spiare i giudici, il movimento dei Girotondi e una serie di esponenti dell’opposizione. Decine e decine di persone e di associazioni che nei computer di Pompa erano catalogate con degli acronimi e delle sigle: Furio Colombo, per esempio, era "Rioco", Magistratura democratica era "Traca", l’allora segretario della Federazione nazionale della stampa italiana, Paolo Serventi Longhi, era "Svli", il magistrato Juan Ignazio Patrone, all’epoca segretario di "Medel", l’associazione europea dei giuristi democratici, era "Jne". L’analista di Pollari che, in una lettera indirizzata al premier si descriveva come un suo “collaboratore fedele e leale”, aveva pronto un nomignolo per tutti. Ecco dunque che nel siglario l’ex capogruppo dei Ds al Senato, Cesare Salvi, diventa "Vli", l’ex membro del Copaco (il comitato di controllo sui servizi segreti), Massimo Brutti viene indicato come “Tti”, mentre Luciano Violante è "Nte".
Rileggendo in controluce la strana carriera di Pompa, prima comunista e sindacalista alla Sip, poi socio dell’uxoricida Patrizia Reggiani Gucci, è infine devoto a Don Verzé, Pollari e Berlusconi, verrebbe quasi da ridere. Senonché molte delle spericolate ed eversive analisi sequestrate in via Nazionale (carte delle quali Pompa tenta di disconoscere la paternità), risultano poi essersi trasformate in atti di governo o, come ha sottolineato il Consiglio superiore della magistratura, i precise campagne stampa riprese in Parlamento. In un documento, attualissimo, che parte da un assioma caro a Berlusconi (l’esistenza di "un dispositivo approntato in sede politico-giudiziaria” che si muove contro “esponenti dell’attuale maggioranza di governo e di loro familiari"), dopo gli elenchi contenenti i nomi dei presunti nemici, si suggeriscono le contromisure.
Vediamole in sintesi: "1) Disarticolazione, graduale ma costante, del dispositivo approntato in sede politico-giudiziaria [...] Tale attività implica la considerazione di alcuni personaggi, di rilievo, che in Italia ed, ora, anche all’estero rappresentano strutture di supporto [...] delle iniziative di aggressione. 2) Disarticolazione, nei medesimi termini, delle iniziative ed attività riconducibili a soggetti – politicamente caratterizzati – che hanno, anche, ricoperto incarichi di Governo nella pregressa Legislatura [...] 3) Neutralizzazione di iniziative, politico-giudiziarie, riferite direttamente a esponenti della attuale maggioranza di Governo e/o di loro familiari (anche attraverso l’adozione di provvedimenti traumatici su singoli soggetti). Sedi: Milano, Torino, Roma, Palermo. 4) Neutralizzazione o, al più, ridimensionamento di attività aggressive, politiche, giudiziarie, provenienti dall’estero, [...] Paesi di interesse: Spagna, Inghilterra [indagini Mills e Telecinco ndr]. 5) Neutralizzazione di un disegno, in fase di perfezionamento concettuale e operativo, realizzato nell’ambito di organismi investigativi dell’Unione Europea, volto [...] stimolare le dimissioni o anche proposte di impeachment. 6) Esigenza di concettualizzare un team di soggetti di riferimento che prenda come missione prioritaria la valutazione e la diagnosi precoce di ogni iniziativa aggressiva[...] Al contempo, il citato team, potrebbe (in parallelo) svolgere attività di dissuasione mediante l’adozione di adeguate contromisure".
Lo scritto risale all’estate del 2001. Subito dopo la teoria, si trasforma in prassi. Di governo. Il documento invita infatti a muoversi nella “prima quidicina di settembre”. Così se la Spectre anti-Cavaliere da “disarticolare” si occupa di corruzione e di reati finanziari, ecco subito la legge che depenalizza il falso in bilancio. Se il nemico si annida anche nelle magistrature del resto d’Europa, ecco pronta la norma che cestina le rogatorie internazionali. E se l’esecutivo deve guardarsi dagli “organismi investigativi dell’Unione Europea”, come l’Olaf e l’Eurojust (l’organo che facilita la collaborazione tra le magistrature), ecco il sabotaggio di entrambi gli enti, seguito dal no del governo italiano al mandato di arresto europeo. Il 23 novembre 2001 l’esecutivo Berlusconi blocca la nomina all’Olaf di tre magistrati italiani, Perduca (citato due volte nelle liste di via Nazionale), Mario Vaudano e Nicola Piacente, che hanno vinto un regolare concorso. A Gian Carlo Caselli non viene invece confermata la nomina ad Eurojust, mentre altri magistrati dossierati, come Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, verranno perseguitati dal ministro della Giustizia con continue ispezioni e procedimenti disciplinari.
E in ogni caso quasi tutte le toghe citate saranno oggetto di "iniziative traumatiche": tra i primi provvedimenti del secondo governo Berlusconi c’è il taglio delle scorte ai giudici in prima linea. Il documento del Sismi denuncia poi il pericolo di "attività aggressive svolte in sinergia" tra pm italiani, spagnoli e inglesi. Anche questo delirio produce ben presto contromisure concrete. Il 14 dicembre 2001 il giornalista e senatore forzista Lino Jannuzzi, buon amico di Pollari, "rivela" su Panorama e su Il Giornale che Ilda Boccassini s’è incontrata in un albergo di Lugano con i colleghi Carlos Castresana, Carla Del Ponte ed Elena Paciotti (eurodeputato Ds) per incastrare Berlusconi» e “trovare il modo di arrestarlo”. Naturalmente è tutto falso, ma la smentita non arriverà mai. L’estensore del piano vanta comunque ottime fonti. In un passaggio, fa riferimento a qualcuno che si è appena insediato nello staff del ministro della Giustizia.
In un altro parla di un anonimo magistrato con un incarico di "supporto governativo". In un terzo cita una giornalista (senza nome) che avrebbe partecipato a Milano a un incontro tra pm in cui si era discusso il cambio d’imputazione in un processo alla Fininvest. Pare che l’informatissimo 007 disponga di una struttura in grado di controllare le mosse della parte più attiva della magistratura. E infatti L’Espresso scoprirà nel 2005 che sotto il governo Berlusconi, oltre al centro di via Nazionale, i servizi segreti avevano almeno altri due uffici – uno a Palermo in via Notarbartolo, l’altro a Milano in piazza Sant’Ambrogio – da cui si spiavano le inchieste delle Procure più calde d’Italia. Il tutto sotto una regia unica. E all’ombra di un premier che oggi vorrebbe diventare un padre costituente: Silvio Berlusconi. Da Il Fatto Quotidiano del 24 dicembre
D’Alema, l’ex capo del Sismi e gli strani Servizi di Travaglio
L'ex premier in pole per il Copasir: è l'uomo giusto?
Siamo sicuri che Massimo D’Alema sia l’uomo giusto per subentrare a Rutelli alla presidenza del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti? Alcuni trascorsi del suo passato prossimo e remoto farebbero pensare il contrario.
Missili da Picconatore. Nel novembre 1991 D’Alema è numero 2 del Pds subito sotto il fondatore Achille Occhetto. Il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, in due interviste a Federico Orlando sul Giornale di Montanelli, chiama in causa il partito (che ha appena chiesto il suo impeachment) a proposito di strane visite di agenti cecoslovacchi a Botteghe Oscure.
Poi parla di presunte operazioni finanziarie fra Kgb e Pds: "Venimmo a sapere che il Kgb sottraeva fondi alle autorità sovietiche per trasferirli in Occidente. Ho temuto che il nuovo Pds potesse cadere nel gioco (magari per trascinamento dei vecchi tempi, quando il Pci riceveva finanziamenti dall’Est)… Ho mandato a chiamare il ‘freddo D’Alema’. Mi ha detto che avevano preso contatto con le autorità sovietiche. L’impressione è che D’Alema avesse tenuto all’oscuro Occhetto. E poi dicono che sono io che ho i dossier… Voglio sapere chi ha proposto a D’Alema o a chi per lui illeciti trasferimenti di soldi dall’Urss; perché l’on.D’Alema non ha informato di questo i servizi di sicurezza italiani e la magistratura". D’Alema replica a muso duro: “Sono stato un ragazzotto a fidarmi di Cossiga. Ma non è riuscito a spaventarci. Ha convocato al Quirinale i capi dei servizi segreti. Il governo chiarisce il rapporto tra presidente e servizi e l'uso degli apparati a fini di lotta politica e personale”. Nel bailamme di quei giorni convulsi, il caso finisce nel dimenticatoio. Ma per un paio d’anni rallenta la carriera di Max. Il quale poi diventerà amicone di Cossiga, grande sponsor del suo governo nel 1998.
Il virus dei Pollari. Nel 2006 scoppiano gli scandali che travolgono il Sismi di Niccolò Pollari, indagato per il sequestro di Abu Omar e per le schedature di politici di centrosinistra (fra cui i dalemiani Violante, Visco e Bargone, ma non il leader), giornalisti e pm. D’Alema, vicepremier e ministro degli Esteri del governo Prodi-2, partecipa a tutte le riunioni ristrette per decidere la riforma dei servizi e riesce a non dire mai una parola sulle responsabilità di Pollari. Ma Cossiga, altro protettore del generale, non è ancora soddisfatto e il 10 luglio lo richiama all’ordine: "D'Alema mi disse 'Pollari non si tocca'. Però quando poi ha incontrato Pollari ha allargato le braccia e non lo ha neppure salutato". Due giorni dopo D’Alema dichiara: "Conosco e stimo il gen. Pollari da molti anni e credo che lui abbia considerazione per la mia persona in ragione della cooperazione istituzionale che abbiamo avuto in passato. Non mi risulta che il Sismi abbia avuto una politica di violare i diritti umani. Mi pare una sciocchezza". Il 20 novembre Pollari è avvicendato al Sismi, ma D’Alema ne loda "l’efficienza" e auspica "giudizi equilibrati per salvaguardare strutture composte da servitori dello Stato che hanno pagato con la vita". Quando poi la querelle fra governo e giudici finisce alla Consulta, rivendica "il dovere di difendere il segreto di Stato, importante per la sicurezza dei cittadini".
Da Telecom al fondo Quercia. Indagando sullo spionaggio illegale della Security Telecom guidata da Giuliano Tavaroli, la Procura di Milano scopre migliaia di dossier che finivano in parte sulla scrivania di Pollari. Il numero 2 del Sismi, Marco Mancini, intimo di Tavaroli, confida ai pm di aver ricevuto nel 2003 un fascicolo della Security su presunti conti esteri legati ai Ds e dice di averli mostrati al dalemiano Nicola Latorre (che smentisce tutto) su suggerimento di Pollari. Impossibile, per ora, accertare se le notizie del dossier siano vere o false: si tratta di estratti conto di banche estere riferibili al presunto fiduciario di un importante leader Ds e di documenti sull'Oak Fund, un fondo delle Cayman socio di Bell, la holding lussemburghese creata dal finanziere Emilio Gnutti per dare la scalata a Telecom con Consorte e Colaninno (i famosi "capitani coraggiosi" benedetti da D’Alema). Max & C. han sempre querelato chiunque facesse cenno alla faccenda: curiosamente però, non appena uscì la notizia del sequestro dei dossier Telecom, destra e sinistra s’affrettarono a varare un decreto che ne ordinava l’immediata distruzione prim’ancora di sapere che cosa contenevano.
Chat line Unipol. Intanto D’Alema finisce nei guai per i suoi rapporti con Consorte. Il 14 luglio 2005, in piena scalata Unipol alla Bnl, telefona all’amico assicuratore alle 9.46 del mattino: "Io poi ti devo dire una cosa...ah...se tu trovi un secondo...direttamente…Volevo dirti...delle prudenze che devi avere. Forse... ti è arrivata la voce, diciamo… Devo farti l’elenco... delle prudenze che devi avere… sì, delle comunicazioni". Nell’ordinanza con cui chiede invano al Parlamento di autorizzare l’utilizzo delle intercettazioni, il gip Forleo spiega: "È evidente che la ‘prudenza delle comunicazioni’ non può che essere riferita a notizie avute in ordine a possibili, anzi a probabili intercettazioni in corso…verosimilmente alludendo alla notizia in quel periodo circolata negli ambienti in questione – delle operazioni di intercettazione innescate dagli inquirenti". Per quelle telefonate la Procura di Milano non ha potuto indagare D’Alema, protetto dall’immunità europea. Chissà se il processo Unipol che si apre a Milano il 1° febbraio riuscirà ad appurare chi lo informò delle intercettazioni sul cellulare di Consorte. Ma, di quella fuga di notizie, potrebbe sempre occuparsi il Copasir. Da Il Fatto Quotidiano del 24 dicembre
Berlusconi salva Pollari & Pompa di Travaglio
Schedare e spiare giornalisti, magistrati e politici di opposizione è fra le attività “indispensabili alle finalità istituzionali” dei servizi segreti, dunque il reato è coperto dalla “speciale causa di giustificazione” che, secondo la legge 124 del 2007, “si applica quando le condotte sono poste in essere nell’esercizio o a causa di compiti istituzionali dei servizi di informazione per la sicurezza” e “indispensabili e proporzionate al conseguimento degli obiettivi dell’operazione non altrimenti perseguibili”.
SEGRETO DI STATO
Insomma l’archivio riservato del Sismi sequestrato il 5 luglio 2006 dalla Digos su mandato della Procura di Milano nell’ufficio segreto di via Nazionale 230 a Roma e gestito dall’analista Pio Pompa, fedelissimo dell’allora direttore Niccolò Pollari, è da ritenersi “autorizzato dal presidente del Consiglio dei ministri”. Il che consente a Pollari e Pompa di rifiutarsi di rispondere al magistrato. Lo ha comunicato lo stesso Silvio Berlusconi due settimane fa alla Procura di Perugia, che il 27 aprile scorso ha ereditato per competenza da quella di Roma il fascicolo sulle deviazioni del Sismi.
Fra i magistrati spiati, infatti, ce n’erano alcuni in servizio nella Capitale. Un mese fa il pm umbro Sergio Sottani ha concluso le indagini e depositato gli atti a disposizione delle parti: un atto che prelude alle richieste di rinvio a giudizio. Gravi i due reati contestati all’ex direttore e al funzionario: il peculato per aver distratto, appropriandosene e usandole, “somme di denaro, risorse umane e materiali” per fini diversi da quelli istituzionali, come la redazione di “analisi sulle presunte opinioni politiche, sui contatti e sulle iniziative di magistrati, funzionari dello Stato, associazioni di magistrati anche europei, giornalisti e parlamentari”; e l’indebita intrusione nella vita privata delle persone schedate, con la “violazione, sottrazione e soppressione della corrispondenza elettronica dell’associazione di magistrati Medel”, l’“accesso abusivo al sistema informatico dell’associazione”, la “violazione della privacy”. Per la seconda imputazione il pm romano aveva chiesto l’archiviazione (prima che il gip e il gup si dichiarassero incompetenti), ma quello di Perugia è di diverso avviso e intende processare Pollari e Pompa anche per quello. Alla notifica degli atti, i due indagati han chiesto di essere interrogati. E, assistiti dagli avvocati Franco Coppi e Titta Madia, hanno opposto il segreto di Stato. Il pm Sottani è caduto dalle nuvole e s’è rivolto a Palazzo Chigi, che per legge è l’unico depositario del top secret, con due distinte richieste per Pollari e per Pompa: ai fini dell’indagine, gli serve sapere chi pagava l’affitto dell’ufficio di via Nazionale, a chi erano intestate le utenze telefoniche e soprattutto chi impartiva le direttive a Pompa e Pollari. Berlusconi ha già risposto per Pollari: tutte le questioni poste sono coperte da segreto di Stato. La risposta per Pompa è attesa per i primi del 2010 e ben difficilmente si discosterà dall’altra. Se ne deduce che lo spionaggio su vasta scala messo in atto dal Sismi a partire dal 2001 contro i supposti nemici non dello Stato, ma di Berlusconi, era autorizzato, se non addirittura ordinato dal secondo governo, il Berlusconi-2.
IL PRIMO SALVATAGGIO.
Il segreto di Stato (opposto sia dal governo Prodi sia dal governo Berlusconi) ha già salvato Pollari da un altro processo, quello a Milano per il sequestro di Abu Omar, per cui sono stati condannati in primo grado una ventina di agenti e dirigenti della Cia e, per favoreggiamento, Pio Pompa (3 anni) e il giornalista prezzolato Renato Farina, alias “agente Betulla” (ha patteggiato 6 mesi prima di entrare alla Camera come deputato del Pdl).
Ora il top secret potrebbe salvare Pollari e Pompa anche nel processo per le schedature ad personam gentilmente offerte al Cavaliere, del quale entrambi sono devotissimi, pur mantenendo eccellenti rapporti anche col centrosinistra, in particolare con l’area dalemiana. Memorabile il fax che Pompa inviò al suo spirito-guida il 21 novembre 2001: “Signor Presidente, sul foglio che ho davanti stento ad affidarmi a frasi di rito per esprimerLe la mia gratitudine nell’aver approvato… il mio inserimento, quale consulente, nello staff del Direttore del Sismi... Sarò, se Lei vorrà, anche il Suo uomo fedele e leale... Desidero averLa come riferimento e esempio ponendomi da subito al lavoro... Avendo quale ispiratore e modello di vita don Luigi Verzé, posso solo parlarLe con il cuore: insieme a don Luigi voglio impegnarmi a fondo, com’è nella tradizione contadina della mia famiglia, nella difesa della Sua straordinaria missione... La Divina Provvidenza mi ha concesso di sperimentare la possibilità di poter lavorare per Lei...”. Ben altri toni, da maccartista anni Cinquanta, quelli usati nelle veline trovate nel suo ufficio. Veline anonime che additavano gli avversari del premier da “disarticolare”, “neutralizzare”, “ridimensionare” e “dissuadere”, anche con “provvedimenti” e “misure traumatiche”. Fra questi, i pm milanesi Bruti Liberati, Boccassini, De Pasquale, Borrelli, Davigo, Taddei, D’Ambrosio, Greco, Ichino, Carnevali, Colombo e Napoleone; i romani Loris D’Ambrosio, Almerighi, Salvi, Cesqui, Sabella; i palermitani Ingroia, Principato, Natoli e l’ex procuratore Caselli; e altri noti magistrati come i fratelli Mancuso, Monetti, Melillo, Perduca, Casson, Lembo, Vaudano, più il francese Barbe e lo spagnolo Garzòn. E poi giornalisti e intellettuali: Furio Colombo, Arlacchi, Flores d’Arcais, Santoro, Ruotolo, Pennarola, Cinquegrani, Giulietti, Serventi Longhi, Giulietto Chiesa, Eric Jozsef, Gomez, Barbacetto e Travaglio; D’Avanzo e Bonini di Repubblica sarebbero addirittura stati pedinati. E ancora, fra gli schedati, l’editore De Benedetti e politici come Violante, Brutti, Veltri, Visco, Leoluca Orlando e Di Pietro. Ora soltanto il Copasir potrebbe ribaltare il segreto di Stato, con una relazione motivata al Parlamento. Ma il candidato più accreditato a presiederlo, dopo le dimissioni di Rutelli, è proprio Massimo D’Alema, che ha sempre molto apprezzato Pollari. L’uomo giusto al posto giusto.
DA Il Fatto Quotidiano del 23 Dicembre 2009
Illustrazione di SARX88 e Antefatto Blog