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23 novembre 2024
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La politica di Casini

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Nella rissa generale trionfa Casini Con tutti e contro tutti: il leader dell'Udc si rivela l'ago della bilancia

di Antonella Rampino

Fonte: La Stampa.it

ROMA C’ era una volta la politica dei due forni, che per Pier Ferdinando Casini sarebbe come dire in Piemonte sto con il Pd, in Puglia con il Pd ma senza la sinistra, nel Lazio con il Pdl, in Lombardia corro da solo, in Campania chi vivrà vedrà. Ma nel Paese nel quale «ognuno ha i suoi matti», come si dissero prima delle ultime

politiche Prodi e Berlusconi a quattr’occhi, e fu proprio Casini a raccontarlo, i famosi due forni di democristiana memoria ormai non bastano più. O almeno, non bastano più nemmeno per chi, come Casini, è stato addirittura presidente della Dc mondiale. Dunque siamo alle porte girevoli. E siccome gira gira, ma a questo giro nessuno dei due leader, né Berlusconi, né tantomeno Bersani, ha ancora preso una propria univoca decisione, ecco che Pier - come tutti lo chiamano - s’infila nella revolving door e detta, di fatto, la linea. Il Pd fa lo gnorri, Bersani non decide e affida mandati esplorativi? Benissimo, ha spiegato Pier ai suoi, diciamo subito chiaro come la pensiamo noi, e detteremo la linea.

Una riunione apparentemente fiume, alcune ore di convenevoli e chiacchiere politiche tra amici - Pier è gradevolissimo conversatore, attorno a una tazze di tè - con Rocco Buttiglione, naturalmente, e Lorenzo Cesa e Angelo Sanza e tutti gli altri, dipanando i sondaggi che nel Lazio li vedono all’8 per cento, come dire che anche i numeri segnano il ruolo da ago della bilancia. E poi, finito il tè, una bella conferenza stampa. «In Puglia appoggiamo Boccia, ma senza primarie» è stato il vaticinio di Pier, «rompendo gli indugi» sì, ma quelli del Pd. Perfidissimo, ancor più che Pierfurbissimo: perché il Pd in Puglia come altrove non sa che pesci prendere, tra risse locali, veti nazionali, e geometrie da Grande Alleanza Democratica del bel tempo che fu, quella Gad che nel 2005 stoppò proprio Francesco Boccia.

E l’uscita «pugliese» di Casini è chiara, «noi politicamente vinciamo comunque: se Boccia resta in campo abbiamo sconfitto Vendola e la sinistra massimalista, se invece si ritira il Pd è meglio che vada a nascondersi dietro un trullo, e non solo in Salento...», terra tra l’altro di casiniani ozi estivi. «Non vorremmo essere trascinati nelle risse interne al Pd, ecco», sgrana gli occhioni Rocco Buttiglione. «Oggi si parla solo di Puglia», ha detto poi Casini respingendo con un sorriso le domande «laziali» dei giornalisti. Era una mezza cortesia a Bersani: a Roma, il segretario del Pd ha affidato un altro mandato esplorativo, a Nicola Zingaretti.

E quel che Zingaretti farà, come Casini sa benissimo, è verificare quanti consensi nel centrosinistra possono convergere sul nome di Emma Bonino, lasciata correre da sola mentre il vertice del partito si consumava nella speranza che Zingaretti stesso abbandonasse per una nomination la provincia di Roma. E dunque la scelta laziale dell’Udc è Renata Polverini. Poi c’è la Lombardia. La Lega strepita: fuori l’Udc dall’alleanza per Formigoni, «meglio soli che male accompagnati»? Ad annacquarsi nell’appoggio all’uomo forte lombardo di Cl Casini non ci pensa neppure, piuttosto se caccia ai voti del Cielo dev’essere, meglio tagliargli l’erba intorno, candidando un cattolicone come Savino Pezzotta.

A Milano, i centristi l’han detto chiaro e tondo: per sostenere Formigoni, il Pdl locale dovrebbe prendere le distanze dalla Lega. Anche qui, pura perfidia casiniana: Berlusconi che prende le distanze da Bossi è l’araba fenice, nessuno lo sa meglio di Casini. E per capire quanto bruci al Pdl la rottura con l’Udc bastava leggere il Vittorio Feltri di ieri, che al Cavaliere consigliava di seguire con attenzione Rutelli, «è molto meglio di Casini». Un modo per mettere zizzania tra i due, potenziali alleati, ma che è parso piuttosto «ingenuo». E poi «che ci si può mettere a litigare con Feltri?». Ma in pubblico l’antifona è sorniona, «Viva Feltri! Viva la libera stampa!». Allo stesso modo, niente voto per Cota in Piemonte: l’Udc darà indicazioni per Mercedes Bresso che infatti, pur di cultura laica e radicale, sta attentissima a non citare nemmeno i diritti civili.

Il Veneto è un argomento sul quale il filo telefonico col Pd è sempre teso, da una parte c’è Casini dall’altra non c’è Bersani, ma i locali maggiorenti democratici: l’Udc vorrebbe l’appoggio sul nome del padovano De Poli. E’ l’ex portavoce di Cesa, ma il Pd è talmente in altomare che non è detto che non la si spunti. In Campania, esclusa una candidatura De Mita, si attende che Pdl e Pd scelgano. E poi, naturalmente, via con la porta girevole. Centrodestra, centrosinistra. Gente che va, gente che viene.

NOSTRO COMMENTO: A Noi Casini non è mai piaciuto e non piace come politico perché rappresenta la continuazione di quella politica democristiana che ha rovinato l’Italia. Che senso può avere un politico che si barcamena ora a destra ora a sinistra facendo giunte in varie cittò d’Italia ora con la destra ora con la sinistra. Manca non solo di una propria identità, ma, soprattutto, di credibilità, che è la cosa fondamentale per un politico. Facciamo un esempio banale. L’elettore vota Casini perché pensa che non sia un uomo di sinistra. Giammai! Casini fa giunte di centro sinistra in molte città d’Italia fregandosene altamente della volontà di chi ha contribuito a farlo eleggere. Secondo Voi è giusto tradire l’elettorato? Nè può addurre a giustificazione e chiamare "coerenza" il fatto che mantenendo il proprio simbolo si è rifiutato di allearsi col Cavaliere, perché, sia in passato, che a tutt’oggi , ha continuato e continua a fare alleanze con il PDL per come si evince anche dall’articolo sopra riportato. Il Cavaliere lo ha conosciuto bene lo ha abbandonato immediatamente perché non affidabile. Anche Noi crediamo la stessa cosa.

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