Tonino ripensaci
Fonte:exNicoloChannel
Quando, a fine gennaio, il Pd presenta De Luca come candidato alle elezioni regionali in Campania, l'Italia dei Valori si oppone con un secco no. Ma al congresso dell'Idv, il 5 Febbraio, quando Di Pietro invita De Luca a parlare, quest'ultimo rigira la frittata
sulle sue vicende giudiziarie e riesce a convincere i delegati e lo stesso Di Pietro a dargli il loro appoggio alle regionali. La scelta non è piaciuta non solo a Sonia Alfano e Luigi De Magistris (che, seppur parlamentari europei eletti nelle file dell'Idv, hanno annunciato che non appoggeranno De Luca), ma anche a migliaia di sostenitori, elettori ed iscritti Idv che, dal blog Di Pietro al Fatto Quotidiano, da YouTube a Facebook hanno manifestato il loro profondo dissenso per tale scelta (tra questi anche Marco Travaglio, Beppe Grillo, Gioacchino Genchi e Salvatore Borsellino). De Luca infatti non solo è indagato per reati gravissimi, ma è anche sostenitore di dubbie politiche ambientali (inceneritorehm, termovalorizzatori) e solidali. Sono celebri le sue battaglie anti-clandestini, che hanno toccato lapice con questa dichiarazione del 4 Febbraio sui clandestini: «Li prenderemo a calci nei denti e li butteremo a mare, prima che ci scappi un nostro morto». E guai a criticarlo: rischierete di essere condannati ad una delle sue "gogne" in diretta televisiva: Grillo, Don Zanotelli, Travaglio, Santoro e altri ne sanno qualcosa. L'appoggio a De Luca va contro tutte le proposte professate finora in campo di giustizia, ambiente, informazione e solidarietà. Tonino ripensaci.
Per chiarirci meglio le idee, leggi pure:
De Luca e la condanna dimenticata
Fonte: 17 febbraio 2010, in Marco Travaglio
Da quando Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno ed ex deputato Ds, è stato candidato dal Pd e dall’Idv a governatore della Campania nonostante i due rinvii a giudizio per associazione per delinquere, concussione, truffa e falso, si scoprono ogni giorno notizie interessanti. Anzitutto che il candidato del centrosinistra è un estimatore di Bertolaso e di Berlusconi.
Del premier ammira “l’autenticità: è esattamente come si presenta, rifiuta ogni doppiezza, lo trovo apprezzabile”, mentre disprezza “le classi dirigenti” del centrosinistra, affette da “doppiezza e ipocrisia”, escluso se stesso s’intende. Non sopporta neppure Grillo, De Magistris e padre Alex Zanotelli, che minaccia financo di denunciare. Si definisce “rappresentante della destra europea”, ma poi scavalca anche quella, minacciando di “prendere a calci nei denti e buttare a mare” gli immigrati irregolari. Insomma, è un inflessibile tutore della legalità, ma solo in casa d’altri.
In casa sua è decisamente più elastico. Infatti l’intera famiglia De Luca è nei guai con la giustizia: la moglie Rosa Zampetti è sotto processo per falso e abuso per aver presentato carte taroccate per vincere un concorso di sociologa Asl; e il figlio Piero è sotto inchiesta per reati fiscali a proposito di consulenze legate a due società vicine alle Manifatture Cotoniere Meridionali (al centro di uno dei due processi a De Luca padre). Per strappare l’appoggio di Di Pietro, De Luca s’è impegnato con lui a dimettersi “in caso di condanna”. Ovviamente intendeva condanna di primo grado: in caso di sentenza definitiva le dimissioni sarebbero superflue, visto che per legge i sindaci, i presidenti di Provincia e di Regione condannati per reati contro la Pubblica amministrazione devono lasciare obbligatoriamente la poltrona.
Resta da capire come possa dimettersi De Luca se condannato in uno dei due processi, visto che di entrambi si proclama “orgoglioso”. Ne ha addirittura pubblicati gli atti (solo quelli che fan comodo a lui, si capisce: le intercettazioni che la Camera non autorizzò i giudici a usare restano top secret) sul suo sito Internet, a mo’ di “sfida della trasparenza e della moralità”.
Ma c’è una notizia che De Luca si guarda bene dal diffondere: una condanna in primo grado l’ha già subìta. La prima condanna di un pubblico amministratore per gli scandali della monnezza in Campania è stata emessa proprio nei confronti suoi e dell’ex sindaco Mario De Biase il 25 giugno 2004 dal giudice Emiliana Ascoli: 4 mesi di reclusione e 12 mila euro di ammenda a De Luca e 6 mesi e 16 mila euro a De Biase per aver violato le norme igienico-sanitarie del decreto Ronchi autorizzando lo sversamento di rifiuti (una montagna di 20 mila tonnellate) in un sito di stoccaggio provvisorio e abusivo a Ostaglio, una piazzola a ridosso della Salerno-Reggio Calabria. Discarica sequestrata dai giudici in quanto “abusiva” e “priva di autorizzazione” dopo che per due giorni e due notti, nell’agosto 2001, aveva preso fuoco avvelenando con una nube tossica l’aria respirata da 50 mila abitanti, mettendo in fuga cittadini e bagnanti e paralizzando il traffico dell’esodo estivo sull’autostrada maledetta.
Condanna rimossa da tutti, anche da De Luca, che l’altro giorno ha raccontato al Corriere di essere stato 16 volte indagato e 16 volte assolto. Strano, visti i tre processi in corso a suo carico. Il 26 gennaio 2010, nel processo di appello per la discarica abusiva, il pg Ennio Bonadies ha comunicato che il reato contestato ai due imputati è prescritto. De Biase ha detto di voler rinunciare alla prescrizione per essere assolto nel merito. De Luca pare di no. Se ne saprà di più il 18 giugno, quando parleranno i difensori degli imputati. Resta da capire cosa aspetti De Luca a pubblicare la sentenza sul sito, per completare “la sfida della trasparenza e della moralità”. O almeno di informarne Di Pietro e di dimettersi all’istante. Perché, come ha detto lui stesso, un condannato in primo grado se ne deve andare. O no?
NOSTRO COMMENTO: Ecco chi vorrebbe appoggiare Di Pietro. Mah!